Molto in ritardo il debriefing di Barcellona, per diverse ragioni: alcune personali e altre che posso definire caratteriali. A più riprese nei giorni immediatamente successivi mi son ritrovato davanti al foglio bianco, ma più analizzavo la gara e le dichiarazioni degli esperti, più mi saliva il crimine. Sono abituato, naturalmente, a passare da presuntuoso agli occhi dei più, ma stavolta cercherò di mettere qualche puntino sulle i.
Partiamo per esempio dallo scorso anno, quando su questo tracciato comparvero gravissimi problemi di spinning e in molti, constatando che lo spinning rovinava il battistrada, pensavano bene di montare gomme hard nell’illusione che durassero di più. Come risultato lo spinning aumentava ancora. In pratica, si operava secondo il consueto malvezzo di mettere una pezza sul sintomo invece di individuare la causa.
Ma c’è di peggio: data la pessima soluzione – la quale dimostra che non si era compresa la causa – e il conseguente disastroso risultato, qualche esperto ha cominciato ad abborracciare improbabili giustificazioni; e invece di far tesoro dell’esperienza e concluderne che i ragionamenti erano sbagliati, qualcuno cercava capri espiatori: “sono le alette”, disse Taramasso. Io ovviamente contestai, ma passata la gara tutto finì nel dimenticatoio. Ci torno adesso, giusto per spiegare qualche concetto.
Immaginate per un momento le alette e mettetevi al posto dei bulloncini che in ipotesi la tengono fissata sulla carena. Cosa sentite durante la corsa? Sentite la forza deportante delle alette che tenta di tirarvi verso il basso, certo, ma sentite anche la forza orizzontale della resistenza aerodinamica che vorrebbe tirarvi all’indietro.

Orbene, secondo la Fisica questi due vettori si compongono in una sola forza risultante la cui direzione sarà approssimativamente diretta “in basso all’indietro”, con la linea di forza che intercetterà l’asfalto nel segmento compreso tra le due ruote. Questo significa che a, fronte di un maggiore carico anteriore, avremo anche un maggiore carico posteriore e quindi un pattinamento inferiore.
I dati delle telemetrie dello scorso anno lo confermarono: a fronte di uno schiacciamento delle forcelle di circa 4mm, notavamo anche una maggior compressione della sospensione posteriore di poco più di un millimetro. Affermare, come qualcuno fece lo scorso anno, che le alette caricavano la ruota anteriore e “di conseguenza” scaricavano quella posteriore è una corbelleria che contraddice tutte le regole di composizione vettoriale della Fisica.
Non dovrebbe sfuggire a un ingegnere che la vera presunzione non sta nel contestare le opinioni in libertà ancorchè non suffragate da una rigorosa dimostrazione ma piuttosto nell’insultare ciò che qualunque tecnico dovrebbe sapere: alla Fisica non si sfugge, e applicarla non è un optional. A riprova di tutto ciò, quest’anno non c’erano le alette e le moto pattinavano ugualmente. Chi incolpiamo oggi?
Pensate che sia finita qui? Vi sbagliate. Ecco ancora una volta una perla di saggezza: “Crutchlow y Redding ponían sexta en la recta y salía humo. Si un neumático duro no funciona a 50ºC en pista… ¿Qué pasa? ¿Necesitas 80ºC?” (Crutchlow e Redding facevano fumare la gomma in sesta sul rettilineo. Se una gomma dura non funziona con 50°C che succede? Ne servono 80°C?). Sono parole di Ramon Forcada. Peccato che contraddicano il primo e il secondo principio della Termodinamica in un colpo solo. Paghi uno e prendi due, alè.
Che cavolo significa “Necesitas 80ºC”? Non è l’asfalto a scaldare la gomma, chiaro? Pensare questo significa contraddire il Secondo Principio della Termodinamica, è una bestemmia che fa dubitare perfino del professore che gli ha firmato lo statino universitario all’esame di Fisica1. Lo stesso ragionamento vale per quanto ho spiegato nel debriefing di Jerez, dove ancora una volta ero costretto a rilevare nelle dichiarazioni del responsabile della Michelin una palese violazione del medesimo principio.
Però il presuntuoso sarei io. Per quanto riguarda il Primo Principio, aspetto semplicemente che qualcuno tenti di giustificare il calore imputandolo al rotolamento del pneumatico o al suo eventuale slittamento. Non provateci nemmeno, datemi retta, è la volta che mangio vivo qualcuno. Dopodichè, quando ricevo commenti dal tono “ma tu come fai a sapere queste cose e gli altri no”, io sono sinceramente tentato di rinunciare a spiegare come stanno le cose. Sarà magari perché ho studiato? Nessuno che si chieda, semmai, “come cavolo fanno certi ingegneri a NON saperle”, dato che le leggi della Fisica sono di pubblico dominio e costituiscono materia di studio perfino al liceo, e figuriamoci nei corsi di laurea specifici. Ma tant’è.
Se tutto ciò che ho appena scritto è chiaro, possiamo iniziare ad analizzare la gara di Barcellona. Pista a basso grip sotto il solleone. Dieci e lode per la scelta di gomme della Yamaha: erano quelle giuste. Solo che il Team Tech3 ne ha tratto maggior profitto mentre il Team Factory si è scontrato con problemi a tutta prima contrastanti: “abbiamo troppo spinning” lascia intendere una moto con carichi spostati sull’anteriore, ma “questa moto sottosterza troppo” mi racconta di una moto che va in deriva di avantreno.
Insomma, con la M1 in versione 2017 non c’è feeling sull’avantreno, e stavolta non si può incolpare il carbonio o il motore portante. Orbene, è probabile che in talune situazioni la nuova moto sia più difficile da settare e magari anche meno efficace, ma per valutarlo occorrerebbe considerare le variazioni di quota rispetto alla precedente e calcolarne tutte le possibili conseguenze fino a trovare la giusta direzione di evoluzione del progetto.
E invece, il fatto che durante i test successivi vengano portati due diversi telai modificati in direzioni opposte per vedere quale va meglio la dice lunga sulla carenza dei modelli matematici di riferimento, evidentemente costruiti “a posteriori” sulla base di osservazioni empiriche assurte al rango di leggi universali. Le provo tutte, una di queste dovrà pur essere quella giusta.
E questa diventa “ipso facto” una Legge Universale che troppo spesso non ha una verifica fisico-matematica rigorosa. Un po’ come i telai che “devono” flettere. Una cosa però deve essere chiara una volta per tutte: l’extracarico di reazione del link può solo moltiplicare il grip esistente, e se il grip esistente è zero o quasi allora anche il prodotto del link sarà quasi zero. Quindi, prima regola è non spinnare. A costo di dare il gas col bilancino.
E questo è appunto il caso di Dovizioso. La Ducati appare ben bilanciata senza dover ricorrere a sospensioni posteriori un po’ troppo suscettibili e, di conseguenza, quando il grip è scarso riesce comunque a trarsi d’impaccio. Petrucci e Lorenzo scelgono una posteriore hard e non sono altrettanto efficaci, ma ottengono comunque prestazioni di assoluto livello.
Su Lorenzo inoltre ci sarebbe da aggiungere molto altro a livello di pilotaggio, ma questo esula un po’ dalle note tecniche di questa rubrica: dirò soltanto che, a partire da metà gara, ha scoperto che la sua Ducati non vola via quando si esagera. Si fa in tempo a riprenderla senza troppe conseguenze anche quando si mette di traverso nelle staccate più azzardate, e se si agisce con forza non parte di colpo.
Posso solo immaginare l’incredulità del maiorchino, abituato a trattenere il respiro per non scomporre la sua vecchia M1, dopo un paio di recuperi. Il primo avvenuto casualmente, gli altri volutamente provocati per saggiare la moto; finchè, preso coraggio, agguanta i malcapitati Folger e Petrucci, si butta dentro in uno spazio strettissimo e – forse per la prima volta – invece di lasciar scorrere la moto larga in uscita si appende di prepotenza e resta cucito al cordolo mentre riapre il gas.
E la Ducati passa con una velocità imbarazzante senza uscire dal suo binario. Sarà anche pesante da guidare ma la sua “resistenza” durante le pieghe non è sintomo del limite raggiunto, come invece in tante altre moto. E probabilmente è questo che finora ha fregato Lorenzo: interpretava quella durezza a piegare come un segnale di pericolo e rinunciava a fare forza. Invece era solo un minore accentramento delle masse.
E finalmente arriviamo alle Honda, cui la trazione non manca: continua a mancare però l’equilibrio in percorrenza. E se Marquez e Pedrosa, ognuno a modo proprio, trovano il modo per metterci una pezza e chiedere poco alla loro anteriore, Crutchlow ne ha abbastanza di perdere l’avantreno e rinuncia agli ingressi velocissimi, suo punto di forza fin dai tempi Yamaha e nota dolente del periodo Ducati. Tutto si aspettava tranne che ritrovarsi con la moto più lenta negli ingressi di tutto il mondiale 2017.
PS: naturalmente mi aspetto di sentirmi spiegare questi concetti da parte di chi fino a ieri sosteneva serenamente il contrario.
Grazie Federico, ottima analisi.
Mi sembra incredibile che così tanti addetti ai lavori continuino a pensare che asfalto più caldo = pneumatico più caldo.
Ma quindi per quanto riguarda Yamaha factory si è trattato solo di un problema di settaggio? Stavolta Michelin ha fatto le cose bene?
Grazie Federico come sempre ottimo articolo.
Purtroppo, non mi stupisco dell’incompetenza degli addetti al lavoro;ormai sono coinvolte tutti le categorie.
Se ho capito bene il pensiero di Federico, Michelin, ha il completo controllo della tecnologia nella fabbricazione, dal mio punto di vista, rimane indietro nel progettare un pneumatico con un bilancio termico in grado di assicurare un utilizzo il più vasto possibile.
Riflessione: Michelin a sempre avuto il pallino della carcassa più morbida in tutti i settori in cui si è cimentata : F1, MotoGP , enduro ecc. vuoi vedere che la tecnologia della carcassa “morbida” pur avendo i suoi indiscutibili vantaggi possa essere in qualche modo il proprio limite? Mi spiego meglio: Carcassa morbida potrebbe volere dire maggio deformazione e quindi più sviluppo di calore; evidentemente questo eccesso di calore, con i materiali i uso a Michelin, comporta i problemi di bilancio termico che quasi in ogni gara vengono fuori. Cosa dici Federico è plausibile?
Grazie RA
Buongiorno a tutti,
vorrei fare i miei complimenti a Federico per quest’interessantissimo articolo.
Non conoscevo il sito ma da oggi sicuramente saro’ un assiduo lettore delle vostre analisi che trovo molto dettagliate, ricche di infomazioni tecniche e spegazioni. Grazie davvero!
Mi permetto di segnalare che anche l’Ing. Bernardelle nella consueta analisi del martedi’ di ‘DopoGP’ aveva evidenziato nel range di utilizzo molto ristretto dei pneumatici, il principale problema nella messa a punto del motoveicolo. Ritrovo in effetti molti riferimenti pertinenti in quest’articolo.
Vi rinnovo i miei complimenti!
Grazie e a presto.
Cristiano G
@Federico
Federico buongiorno
Finalmente vola qualche schiaffo………
Domanda sulla scelta della gomma posteriore di JLo: perché la dura? Maggiore carico statico dovuto alla ruota spostata sul forcellone più verso il motore per aiutare un drifting più dolce e progressivo?
Sempre gomme: perchè sulle ducati la dura davanti? Per alzare il limite ed evitare di entrare troppo forte in curva compensando col drifting in uscita?
Sempre gomme: non so se era un opzione disponibile ma perché la yamaha non ha optato per la S dietro?
Io non volevo, è che mi strappano gli schiaffi dalle mani 🙂
Nella pista di Montmelo non ci sono frenate particolarmente rischiose con la moto in piena piega, le frenate importanti sono tutte a moto dritta: di conseguenza l’anteriore ha tutto il tempo di scaldarsi prima di affrontare la curva. In linea di massima una media anteriore era la scelta migliore, ma non così decisiva proprio grazie alle caratteristiche del tracciato. Lorenzo invece sta provando qualche assetto “alto”, senza scartarlo a priori come fece nelle prime gare: c’è del lavoro da fare ma la strada è quella giusta. Son convinto che sulle mescole delle gomme saranno in tanti a rifletterci sopra e a tentare di applicare i criteri che su GM illustriamo ormai da anni, ci vorrà tempo e pazienza ma pian piano ci arriveranno. Ovviamente dovranno eseguire tutti i test necessari all’adeguamento del setting alle mescole, ma basta lavorare secondo piani programmati insieme ai collaudatori. E questo vale anche per una eventuale soft al retrotreno, probabilmente nel poco tempo a disposizione non era il caso di buttarsi alla ricerca di un setting troppo distante dalle schede già previste per quella pista.
Ciao,
interessantissimo come sempre !
In effetti Federico (ti do del tu) mi sei venuto in mente quando, soprattutto quest’anno si è visto che il tecnico di Zarco Coulon (Tech3), forse anche complice la guida del pilota, sta “azzardando”, e avendo ragione, facendo scelte di gomme verso il soft (vedi Jerez)!
Che ne pensi ?
Questa cosa mi sa che avvalora la l’osservazione che questi fenomeni davvero non sono capiti (paradossalmente) da molti addetti ai lavori …. e che quindi ci sarebbe margine per fare la differenza sfruttando questi concetti … impressionante!!
Una domanda per approfondire: non è che magari questi tecnici/piloti (e forse anche per come sono progettate le moto) cercano dello slittamento trasversale posteriore (derapata), controllato per carità, per “chiudere” le curve, soprattuto quelle veloci ? E magari per ottenerlo e controllarlo meglio vanno a cercare un certo livello di spin ?
E in questo approccio si giocano o rendono più difficile la possibilità di usare gomme più morbide ?
Magari dico cavolate … e nel caso non ti arrabbiare 🙂 … sto cercando di capirne di più perché mi appassiona molto e la tua rubrica è assolutamente “oro” per cercare di farsi un’idea!
A presto,
Sandro
E’ fuor di dubbio che un certo grado di derapata sotto potenza aiuti determinate motociclette – quelle con lentraggio più basso e arretrato – a chiudere la curva, e Stoner resta uno dei migliori rappresentanti di tale scuola (senza dimenticare Troy Bayliss e, ancora più indietro, Barry Sheene). Tuttavia per ottenere un drift controllabile occorre un link posteriore che lavori al contrario rispetto a quello attualmente usato sulle Yamaha: in caso contrario, appena la ruota inizia a scivolare ci si ritrova fatalmente con tutto l’extracarico azzerato e col grip che improvvisamente si dimezza. Impossibile gestire la derapata col gas. La sola manovra che consente la ripresa del controllo è la parzializzazione brutale del gas, ma questo di solito conduce all’highside. Non secondaria infine è la dispersione delle masse in senso longitudinale: se da un lato il forte accentramento favorisce la maneggevolezza della moto, dall’altro rende la moto troppo propensa alla repentina imbardata, con tanti saluti alla progressività del drift. Insomma, mettere a bandiera una moto come la M1 è davvero rischioso e non può esser considerato il modo normale di guidarla. Se hai fortuna ti va bene una volta o due, ma se insisti nell’arco dell’intera gara finisci per terra.
Ciao Federico,
grazie per le tue spiegazoni, davvero interessanti.
Posso chiederti di sviluppare questo concetto, non mi è molto chiaro (non sono cosi’ preparato a livello tecnico):
“Tuttavia per ottenere un drift controllabile occorre un link posteriore che lavori al contrario rispetto a quello attualmente usato sulle Yamaha: in caso contrario, appena la ruota inizia a scivolare ci si ritrova fatalmente con tutto l’extracarico azzerato e col grip che improvvisamente si dimezza.”
Mi sembra di capire che la Y avrebbe un accentramento delle masse che non le consente di poter avere una facile gestione della guida in stile ‘drift’, per chiudere le curve? correggimi se sbaglio.
La D invece avendo un interasse più lungo sarebbe sotto questo aspetto più propensa e redditizzia a questo stile di guida? La differenza è da individuarsi nella differente tipologia costruttiva del veicolo? e in questo caso, potresti brevemente spiegarmi in cosa differiscono?
Grazie.
Cristiano G
Occhio, RA! Carcassa più morbida significa “meno” calore. Data la deformazione massima consentita dal materiale, c’è meno materiale che si deforma. E inoltre con la carcassa più morbida siamo costretti a utilizzare pressioni maggiori in partenza, sennò la gomma neppure sta in piedi. 😉
@Federico
ECCEZZIONALE!!!! FANTASTICO!!! COME SEMPRE….mah…hai scatenato in me una curiosità….se è vero il teorema che le leggi della FISICA sono di dominio pubblico, tutti quegli ingegneri dove hanno studiato???…Boh!!
Poi, mi sembra strano che non venga utilizzata a dovere la memoria storica per migliorare da errori precedenti e quantomeno percorrere nuove vie anche se empiriche per raggiungere un miglior risultato.
GRAZIE FEDERICO.
Grazie Federico
Ho toppato chiedo venia.
Ho riflettuto su quanto hai scritto, ho capito il discorso del maggior gonfiaggio ma non ho capito il discorso del minor materiale che si deforma?!
Grazie mille come sempre RA
P.S. e vai di schiaffoni!
Grazie davvero della risposta! Chiarissimo.
Quindi grande Coulon e Zarco per andare nella direzione di gomme più soffici … sembrerebbe la direzione giusta su una moto come la Yamaha in cui non c’e’ proprio motivo di avere spin.
Vediamo se nei prossimi GP Galbusera e Forcada prendono ispirazione 🙂
Saluti
RA, se prendi un chiodo cun due pinze e cominci a piegarlo avanti e indietro finisci per spezzarlo. Lo tocchi e noti che si è scaldato. Immagina di fare la stessa cosa con un tondino da costruzioni edilizie: lo pieghi avanti e indrè, sempre di 180 gradi per volta, finchè non si spezza. Solo che stavolta ti scotti. Ovviamente hai dovuto scaricare maggiore potenza per ottenere le medesime deformazioni avanti e indrè di 180 gradi.
” il momento giusto per accelerare”
se lo leggesse J.Lorenzo forse invece di “appoggiare” il gas in uscita , farebbe derapare la moto!! 😛
credo quindi che anche ai piloti farebbe bene leggere il debriefing! 😛
Grazie Mille Federico ho capito, bel esempio.
RA
Aspetta, aspetta, aspetta, ho letto bene? “I dati delle telemetrie dello scorso anno lo confermarono”. Hai, avete le telemetrie? Pazzesco. Cioè, qualcosa di simile c’era da aspettarselo, date le accurate analisi, ma sai…
A parte questo, visto che hai menzionato Jerez, ho sentito Rossi più volte prounciare di sua sponte, nell’arco di un’intervista, parole come: “(…) Di buono c’è che almeno non abbiamo commesso lo stesso errore di Jerez, quello di montare la più dura, ma bla bla bla, etc…”.
Interessante l’interpretazione sulla gara di Lorenzo.
“Mettere a bandiera una moto come la M1 è davvero rischioso”: e proprio Lorenzo dovrebbe ricordarselo bene il raffronto, quando tentò (mi pare addirittura proprio in gara) di pseudoimitare Marquez entrando di traverso. Ci aveva provato due volte, poi le mutande improvvisamente pesavano il doppio e quindi ha smesso.
L’ultima riga dell’articolo non è buttata lì per caso, sappiamo bene cosa stiamo dicendo 😉
Ahahah! Ecco, infatti.
Ottima analisi. Federico come mai Ducati nella progettazione del motore a v di 90 gradi ha preso una strada diversa da Honda?questa ha posizionato i cilindri bassi rivolti verso forcellone mentre ducati no. Questa scelta di Honda Ducati potrebbe seguirla per migliorare layout del motore e mancanza di carico?
Ciao Federico. Scusa la testa dura, ma ci sono alcuni elementi che non riesco ad incastonare.
1 – La temperatura dell’asfalto non e’ quella che scalda la gomma.
Fin qui i tuoi discorsi sono chiari, ma mi sfugge un tassello: perché tendenzialmente nelle varie FP dove girano in orari con le temperature piu’ fresche, fanno tempi migliori o con asfalto “freddo” le gomme faticano ad andare in temperatura? Mi sfugge questo punto nel quadro di come è il grip ed il movimento della carcassa a scaldare la gomma.
2 – Ok il discorso M1 e sul suo Link, però poi vedo un Zarco che nelle prime gare derapa e fa addirittura fumare la gomma. Significa che hanno adoperato delle scelte che glie lo permette?
Jigen, sul discorso temperature grip provo a spiegarti l’idea che mi sono fatto
Immagina un grafico, asse x temperatura e asse y grip, e tracciamo una curva che descrive il grip dell’asfalto in funzione della temperatura
La curva che ne risulta ha la forma di campana, con l’apice in zona 30° (cifra per me verosimile ma sicuramente Federico ci sa dare un numero più preciso)
Incrociamo con l’informazione che la gomma scalda in funzione del grip che offre l’asfalto.
Concludiamo che sia sotto (troppo freddo) che sopra (troppo caldo) quei famosi 30° la gomma fa fatica a scaldarsi, e fa tanta più fatica tanto siamo più lontani da quella temperatura
se ho ben capito … ma dubito! 😛
la gomma va in temperatura (tutta) se la carcassa lavora ovvero si muove
E questo dipende dal grip asfalto/mescola
a temperature esterne elevate il grip DIMINUISCE e utilizzare una gomma dura ” perche’ ad alte temperature esterne ci vuole una mescola dura che resista ” , peggiora la situazione
” ma la media non finisce la gara!” …. allora la devi gestire !! guidando in un certo modo e con intelligenza! lavorando sulle pressioni e assetto per non mandarla troppo in deriva…
vabbe’ di Federico ce ne’ uno solo!!! 😛
@Steu @Federico
Vediamo se ho studiato.
Per preservare un anteriore medio si potrebbe alzare la moto abbassando il limite di ribaltamento in frenata e aprire l’angolo di sterzo per compensare la deriva.
Per il posteriore ci devo pensare un pó. …..
Dipende da cosa ci dice anche l’altra gomma. Non immagini neppure quante volte per risolvere un problema di anteriore si debba intervenire principalmente sul posteriore. Ecco perchè un analista della dinamica diventa necessario: proprio per evitare di applicare regolette pseudouniversali che-hanno-sempre-funzionato-ma-non-capisco-perchè-qui-non-funziona.
Occorre valutare l’insieme della dinamica, sennò si corre il rischio di fare figuracce.
@Federico
Ma non mi dai nemmeno un voto di incoraggiamento?
@Stefano N “Per preservare un anteriore medio si potrebbe alzare la moto abbassando il limite di ribaltamento in frenata e aprire l’angolo di sterzo per compensare la deriva.”
dati i miei limiti con me funzionano gli esempi terra terra! 😀
una gomma da cancellare inizia a fare i “pallini” se la faccio scivolare con poco “carico”
se aumento il “carico ” non si muove o si muove meno e fa meno “pallini”
ergo per consumarsi meno e avere meno deriva, la gomma in temperatura deve attingere il grip dal carico
(almeno credo…)
alzare la moto in effetti aumenta il trasferimento di carico nel tempo ma aprire lo sterzo non basta , allunga la moto e in curva chiede piu’ grip alla gomma anteriore che subisce maggiore forza centrifuga perche’ viaggia su una traiettoria maggiore.
assettare una moto e’ come risolvere un tetris tridimensionale … ci vole conoscenza, talento e come dicevo una “visione dall’alto” completa di tutte le variabili !!
conosco uno in effetti che ha queste qualita’!! 😀
@Davide grazie, ora il tassello mancante è chiarito.
Mi rimane da capire come diamine fa Zarco a derapare con una M1 come fosse su una HRC
Jigen, figurati, ma prima di prendere per buono quello che ho scritto è meglio chiedere a Federico cosa ne pensa….
Federico, ci ho visto giusto o ho detto una fesseria?
Allora, in ordine sparso: la Ducati ha un centraggio un po’ meno avanzato della Yamaha, con conseguente maggiore trazione statica, e una maggiore dispersione delle masse. Questo la rende più pesante nella guida ma anche meno propensa a imbardarsi di colpo come succede alle Moto3. Mai visto un TIR che sbanda in autostrada? E’ inesorabile ma lento, non parte via brusco. Oltretutto, con buona trazione statica, la Ducati non deve ricorrere a link posteriori estremi e scorbutici.
Per quanto di mia esperienza, 20 gradi di asfalto son meglio di 30. Solo che è difficile averceli in inverno, e spesso l’asfalto invernale più freddo viene compensato dall’aria più fredda sicchè l’equilibrio della gomma sta a una temperatura troppo bassa. Un ottimo asfalto, magari al mattino con cielo coperto in una giornata estiva con l’aria che comunque resta calda, sono le migliori condizioni di utilizzo della gomma hard.
Zarco lo sto tenendo d’occhio da inizio campionato: lui tiene un assetto piuttosto basso e sposta il suo peso a moto quasi dritta. Guarda bene come si appende alla moto e capisci perchè riesce a driftare in certa misura: nella curva che descrive la progressione del link il punto di lavoro della sua moto è più basso di quello delle altre Yamaha, e questo determina extracarichi ridotti ma più costanti. Se lui perde aderenza, la riduzione del suo carico totale non è così disastrosa.
Solo a quel punto si aggiusta la neutralità di sterzo e la deriva anteriore in uscita si riduce significativamente. A meno che non stiao parlando della deriva in ingresso, ma non è quella a scartavetrare il battistrada.
Uff… Ce l’ho fatta a superare i problemi dell’account finalmente 😀
Grande Federico e GM come sempre. Allora avevo visto bene che Lorenzo intorno a metà gara aveva iniziato a sperimentare delle manovre non proprie della sua guida passata. Interessante, speriamo che ne tragga qualcosa da campione quale sicuramente è.
Per quanto riguarda le scelte gomme, ormai non mi stupisco più del facciamo-le-cose-a-caso-qualcosa-uscirà-fuori che imperversa. Fa bene Federico che giustamente distribuisce sberle quasi alla cieca.
Anche oggi Dovizioso ha ribadito la loro capacità di essere più gentili degli altri con le gomme. Se è vero, mi chiedo, il fatto di aver dovuto lavorare per forza tantissimo con mescole più morbide degli altri nel periodo delle stagioni “open”, può aver influito sullo sviluppo di questa propria capacità?
No, non credo. La gentilezza sulle gomme è il frutto di un buon equilibrio su asfalto di medio grip, fermo restando che laddove il grip diventi più elevato l’equilibrio si sposta verso la Yamaha. Ma mentre in condizioni di grip eccellente non si manifestano problemi di spinning per nessuno, in condizioni di grip medio (o scarso) la Ducati riesce ad avere ancora la trazione sufficiente a non slittare e a preservare la superficie del battistrada. Nel periodo delle Open la Ducati aveva una trazione ancora maggiore, e una gomma morbida come quelle all’epoca utilizzate non era affatto un aiuto: la deformazione era elevatissima e l’unico sistema per evitare di squagliare tutto era usare pressioni parecchio elevate, con maggiore rischio di chattering e con pochissimo smorzamento da parte della carcassa.