F1 | Debriefing GP del Belgio, un secondo posto carico di ottimismo per la Ferrari

Il Gran Premio del Belgio, l’appuntamento che in più di un occasione avevamo indicato come crocevia fondamentale per capire se e come la Ferrari avesse potuto lottare fino in fondo per il mondiale piloti e perchè no anche per quello costruttori, è arrivato dimostrando  che la Rossa a prescindere dal risultato finale ha la competitività per lottare almeno fino al Gp di Singapore, altro fondamentale crocevia per la corsa al titolo da parte di Sebastian Vettel. Volendo analizzare gli eventi che hanno contraddistinto il gran premio svoltosi sul tracciato vera università del pilotaggio di Spa,  dobbiamo dividere la gara in vari tronconi in funzione degli argomenti che andremo a sviscerare come gomme, aerodinamica, tattica e tecnica. Partendo dal comparto pneumatici la Pirelli per questo particolare tracciato ha portato tre mescole, le Ultrasoft di colore viola, le Supersoft di colore rosso, e le Soft di colore giallo. Le indicazioni date dal costruttore italiano per le pressioni e le geometrie di camber erano diverse dal solito. Non solo di discostavano dal canonico riferimento preso per Barcellona, ma anche in modo considerevole da quello di Silverstone altro tracciato che si pensava fosse simile per caratteristiche a Spa-Francorchamps.  Invece la Pirelli aveva deciso,  come si può vedere nella foto a lato,  per una pressione anteriore di 23,5 la più alta del mondiale fino a questo momento ed un angolo di camber di -2,75.

Un set up previsto per tracciati che hanno frenate impegnative dovendo le gomme anteriori sopportare peso in frenata con decelerazioni di più di 4G. Ma guardando bene la conformazione di Spa non ci sono frenate di questo tipo a parte la Bus-Stop. Eppure questo tracciato  ha una caratteristica unica nel suo genere, è l’unica pista del mondiale ad avere una curva che ha una forza sia laterale che verso il basso di almeno 4G, la famigerata Eau Rouge. Considerando il livello di carico che hanno raggiunto le nuove monoposto di circa 2000kg, affrontare una curva del genere con una forza di schiacciamento verso il basso così alta ha costretto il costruttore di pneumatici ad essere conservatore con i valori a sua disposizione. Un esempio negativo per chi segue le corse da qualche anno è stata la disavventura di Michelin in un vecchio Gp di Indianapolis stradale dove il costruttore francese sottovalutò la forza in basso che il banking dell’ultima curva poteva portare costringendo i team a non correre.

Fin dal venerdì i team hanno dovuto fare in conti con un difficile bilanciamento aerodinamico. Bisognava capire se conveniva avere un basso carico aerodinamico per avere velocità punta, oppure un carico aerodinamico maggiore per avere un ottimo tempo nel difficilissimo T2. Paradossalmente infatti per effetto stesso delle caratteristiche di queste monoposto le due curve più difficili Eau Rouge, e Blanchimont si facevano facilmente in pieno anche con monoposto scariche, ma il problema nasceva nella difficile curva del T2 la doppia Pouhon. La differenza tra farla in pieno e farla in modo parziale voleva significare anche mezzo secondo, vanificando di fatto quanto di buono si sarebbe ottenuto con le velocità di punta. La Ferrari ha subito optato per una configurazione ad alto carico. Il motivo è presto detto.

Viaggiare scarica di ala anteriore, avrebbe portato l’avantreno a lavorare nelle stesse condizioni di gravosità viste a Silverstone con un buon risultato in qualifica ma non sicuro sulla lunga distanza per la resa delle coperture. La cosa era quanto mai confermata dal fatto che chi aveva optato per un set up scarico come la Force India, la Williams e la RedBuill di Verstappen fin dal venerdì nelle prove di passo gara avevano evidenziato blistering. La Mercedes per conto suo invece ha optato per una soluzione intermedia, potendo contare al momento opportuno sulla freschezza di una nuova power unit per forzare il carico aerodinamico in rettilineo. Soluzione che ha consentito a Hamilton di agguantare la pole position, ma non con Bottas, cosa che ha fatto suonare un pericoloso campanello di allarme al muretto dei tedeschi. Per quanto Vettel abbia sfruttato la scia del compagno nel suo giro di qualifica, la Ferrari non appariva così in difficoltà rispetto alle previsione che volevano una supremazia schiacciante della Mercedes come a Silverstone.

Alcuni addetti ai lavori,  con il senno di poi,  hanno sentenziato che la Ferrari avrebbe dovuto avere un set up piu scarico, ma a costoro ricordiamo che durante la gara c’è stata una provvidenziale safety car nel momento più propizio che ha consentito a tutti i team di cambiare tattica e concludere con gomme fresche il Gp. Nelle condizioni normali di gara per temperature e stress dovuta alla lotta in pista è quasi sicuro che a fine corsa sarebbero comparsi problemi di blistering con ala scarcia all’anteriore. La Ferrari ha progettato in fondo flessibile che consentiva di avere carico aerodinamico anche quando la monoposto era in scia, questo fino a che la Fia non ha deciso di bloccare la flessione.

La Ferrari è corsa ai ripari riprogettando il fondo per recuperare parte del carico perso, e se in Ungheria era scontato che funzionasse bene, non era così certo per il tracciato di Spa. Ebbene il recupero di carico verticale del nuovo fondo è evidente anche se permangono problemi di drag, cioè di resistenza alle alte velocità. Detto questo è alquanto sconcertante vedere una monoposto come la Force India che volutamente ha portato un set up scarico, fare l’Eau Rouge senza mezza ala anteriore, nell’occasione del contatto di Ocon e Perez, senza perdere minimamente il carico aerodinamico verticale. Segno che il fondo di queste nuove monoposto ha un valore di deportanza molto più importante che le superfici alari.

Tornando alla Ferrari nell’occasione della ripartenza della Safety Car per quanto Vettel abbia ammesso di aver commesso una indecisione non è certo nella percorrenza della fantomatica curva con la compressione. Infatti basta andare a rivedere i filmati per sincerarsi del fatto che il tedesco non ha mai alzato il piede anche se si trovava da un solo metro e mezzo dalla vettura che lo precedeva. Una condizione che non poteva portare per tutta la gara, ma solo a gomme particolarmente efficienti come alla ripartenza. Motivo per cui al tedesco era chiara che quella era l’unica condizione per poter tentare il sorpasso.

Allora perchè il sorpasso non è avvenuto anche se il tedesco aveva una mescola di gomme migliore del rivale britannico? Senza voler minimamente criticare la condotta del tedesco, stare seduti in poltrona è sempre più facile che nell’abitacolo di una monoposto, ma volendo analizzare nel dettaglio, l’indecisione di Vettel è avvenuta alla prima curva. Hamilton arriva lungo, voluto o per errore lo può sapere solo lui, fatto sta che Vettel era in linea perfetta, una migliore uscita che gli consentiva di avere una migliore accelerazione. Il tedesco però esita, al posto di provare ad affiancare il britannico sulla discesa si accoda. Paradossalmente, la manovra corretta era quella che poi Ocon ha portato su Perez nella speranza che Hamilton fosse stato più corretto del messicano per poi vincere il duello alla Eau Rouge costringendo di fatto Hamilton a farla abbastanza lentamente da non riuscire a rispondere al sorpasso alla fine del Kemmell. Invece Vettel ci ha provato nella maniera canonica dopo la salita in scia. Una volta affiancato il britannico ha schiacciato, e si vede chiaramente dal suo camera-car,  il boost per rispondere al sorpasso. Come ha dichiarato poi lo stesso Bottas, con le coperture gialle non era possibile staccare allo stesso punto dei piloti con le gomme viola, perdendo di fatto due posizioni. Ma Vettel non era più nella condizione di portare l’attacco in frenata. Dopo il vantaggio delle coperture viola si è azzerato per il fatto che non potendo entrare nel cono di scia della Mercedes, al tedesco non restava altro che una marcatura asfissiante che costringesse Hamilton ad un errore. La tensione nel retrobox a fine gara sul volto del campione della Mercedes era chiaramente evidente, sintomo della fatica mentale che ha dovuto fare per tenere a distanza una Ferrari chiaramente più veloce.

In ultima analisi un accenno alla tecnica. La Ferrari ha portato una nuova tipologia di sospensione anteriore. Pur apparendo dalle foto molto simile se non uguale alla vecchia nella parte dell’ammortizzatore centrale, chiamato dalla stragrande maggioranza dei media con il nome fantascientifico di terzo elemento, invece internamente questo è formato da componenti che possono variare anche di parecchio la risposta alle sollecitazioni della sospensione in compressione sulle sconnessioni ad alta frequenza come i cordoli, e quelle a bassa frequenza come un curvone veloce. In ogni caso, questo lavoro fatto sulla parte anteriore della monoposto è chiaramente volto a controllare le sollecitazioni sulle gomme anteriori per evitare uno stress maggiore anche e soprattutto in condizioni di mancanza di carico all’ala anteriore.

In definitiva un evoluzione tecnica, quella del fondo e della sospensione, che fanno ben sperare. Dopo il Gp del Belgio abbiamo avuto la risposta che tutti i tifosi si attendevano, quella di una Ferrari, viva, ma soprattutto dinamica dal punto di vista progettuale, con ancora un asso nella manica da giocare. Un nuovo motore con pistoni in acciaio, più pesanti, ma che non dovendo girare con il regime massimo oltre i 12 mila giri garantisce di poter forzare la mano sulla combustione e sulla pressione del turbo per avere quei fantomatici 30/40 cv che mancano senza usare il trucco della miscelazione dell’olio alla benzina per avere sotto controllo le temperature in camera di combustione. La Mercedes ha usato in modo intenso il suo quarto motore, un modo furbo per aggirare i regolamenti, ma i sotterfugi hanno le gambe corte, uno sforzo come quello prodotto a Spa, potrebbe costare caro per la fine del mondiale.

Daniele Amore