Eccomi qui a parlarvi dei freni, ovviamente a disco. Tutti sappiamo quanto siano fondamentali in campo agonistico, consentendo le micidiali staccate che spesso vediamo allegramente elargite a piè sospinto dai nostri beniamini in MotoGP. Altresì importanti anche sulle nostre stradali sai per toglierci da situazioni spiacevoli sia per consentirci di guidare in sicurezza e rilassati, sapendo bene che possiamo fare affidamento su di essi.
La domanda che ci facciamo spesso è: ma come si fa a fermare un proiettile ed il suo pilota che arrivano a 340 km/h? Le 800 così come le 1000 erano le uniche moto da competizione equipaggiate con freni a disco in carbonio, a differenza di quelli standard in acciaio. Notiamo subito che quelli in carbonio vengo utilizzati esclusivamente sull’asciutto mentre quando piove non solo cambiano gomme, ma la moto nel momento del flag-to-flag monta dischi in acciaio, perché con pioggia il carbonio non funziona. I dischi in carbonio sono una delle tante difficoltà che i piloti novizi che arrivano in MotoGP scoprono e devono imparare a sfruttare al meglio.
Un passetto indietro: alla fine dei ’70 arrivano appunto i freni a disco sulle moto, sostituiscono quelli a tamburo, sono più leggeri si raffreddano molto prima ma sopratutto a differenza di quelli a tamburo sono progressivi. Ci hanno messo un pochino ad arrivare ai livelli di oggi, partendo dal ferro fuso in forma e poi lavorato per fare un bel disco, con la prerogativa che frenava molto bene, ma si arrugginiva velocemente; sulle stradali venne subito sostituito dall’acciaio inox. Agli inizi i problemi sorgevano quando pioveva e ci sono voluti un po di anni prima di trovare una soluzione di compromesso fra materiale del disco e materiale delle pastiglie per avere delle prestazioni equivalenti su asciutto o bagnato.
Oggi le moto da competizione, che non usano per regolamento il carbonio (utilizzato solo in MotoGP), utilizzano uno speciale acciaio austenico con trattamento criogenico (raffreddamento a temperature bassissime) per migliorarne la qualità più che in frenata nel mantenere le dimensioni progettuali anche sotto forte surriscaldamento. Contemporaneamente sono stati fatti dei passi da gigante nel materiale sinterizzato nelle pastiglie dei freni , a parte le loro dimensioni via via sempre maggiori.
Oggi non esiste più il problema di quanto potere frenate è a disposizione del pilota, perché quest’ultimo eccede di gran lunga la capacità di tenuta del copertone anteriore e lo sforzo necessario ad attivare il freno. Con la tenuta che hanno oggi le gomme, la sospensione anteriore ed il centraggio del baricentro se il pilota applicasse tutta la potenza sulla coppia dei freni anteriori si troverebbe a fare una bella capriola di 360 gradi senza dover tirare poi tanto sulla leva del freno per raggiungere questo bell’effetto altamente spettacolare.
Oggi la ricerca e lo sviluppo dei freni da competizione è dirottata non più sulla loro potenza e progressione ma sull’aumento della capacità di frenare, mantenendo un feeling ottimale; non va nemmeno dimenticato l’effetto giroscopico che aggiungono alla ruota anteriore: teniamo presente che due dischi in acciaio pesano intorno ai 3,4-3,5 kg, il che non è poca cosa alle velocità di rotazione che raggiunge una ruota a 300 km/h. Una moto da corsa con troppa stabilità direzionale è deprecabile così come lo è una con poca stabilità direzionale, (riferimenti alla D11 non sono intenzionali). In altre parole il peso dei due dischi è messo esattamente nel posto peggiore per influenzare in modo decisivo la direzionalità di una moto da corsa. La prima soluzione adottata da tutte le motoGP è spostare in avanti il più possibile la geometria del telaio in una posizione abbastanza instabile. Quindi centro di gravità un tantino alto, l’angolo della forcella ridotto, riduzione dell’avancorsa … purtroppo tutto questo influisce in modo negativo in quanto la moto non sarà poi così veloce come potrebbe esserlo per l’intero percorso della pista. Ed ecco il perchè dell’arrivo dei dischi in carbonio, che a parità di diametro rispetto l’acciaio pesano quasi la metà !! Oltretutto sono molto più leggeri esattamente dove conta cioè alla periferia del disco, in quanto la parte centrale che li sostiene rimane la stessa.
Ma perché allora abbiamo scritto che usare i dischi in carbonio non è cosa facile per i neofiti ? Ebbene la tecnica di utilizzo dei dischi in carbonio è quella di dargli subito una bella strizzata ma di quelle veramente decisive, schiacciare la gomma anteriore che aumenta di conseguenza l’impronta a terra e quindi l’area di appoggio in frenata ed il grip, e poi modularli per tutta la staccata fino ad oltre l’inserimento in curva. In altre parole è molto difficile utilizzare queste moto perchè richiedono una strizzata potente ai freni e poi modularli, quindi queste moto vanno usate sempre al massimo del potenziale di frenata di ogni singolo pilota che non è cosa da poco.
Ma il carbonio è veramente il miglior materiale? Adesso sappiamo che il vantaggio dei freni in carbonio è la loro leggerezza e che funzionano come quelli in acciaio, anzi aggiungo che nelle condizioni ottimali di temperatura, anche se un tantino ristrette come margini, funzionano anche meglio dell’acciaio. La contro parte è che sono di difficile fabbricazione e sono anche estremamente costosi.
I dischi in carbonio per le moto sono abbastanza differenti da quelli fatti per le F1. I dischi per le moto derivano da dei pezzi di fibra di carbone originalmente prodotti per l’industria aereo spaziale, usando un processo che si chiama infiltrazione di vapori di carbone: il pezzo fibra di carbone viene cotto in un forno ad alta temperatura per un tempo che va da tre a sei mesi (si si avette letto benissimo !!!) durante questo trattamento prolungato la matrice di grafite (carbone) viene depositata sopra ed intorno le fibre, creando quindi un disco molto solido. Una volta usciti dal forno vengono lavorati come se fossero un normale pezzo in acciaio con le macchine utensili computerizzate (CNC). Chiaro che il costo per un team è esorbitante ma c’è da dire che durano abbastanza, in genere ne vanno da sei ad otto coppie per un’intera stagione.
L’utilizzo ottimale dei freni in carbonio lo si ha in un intervallo di temperatura compreso fra 300 e 600 gradi, questa temperatura va raggiunta dal pilota nel giro di warm-up prima dell’inizio della gara con una procedura ben precisa. Il freno può sopportare temperature più alte fino a 750-800 gradi oltre le quali si sfalda la superficie così come avviene per il comune carbone.
Ultimamente sono disponibili anche dei dischi che sono meno sensibili alle variazioni di temperatura che utilizzano in parte materiali ceramici, leggermente più pesanti del disco in carbonio originale, circa 80 gr in più, hanno il vantaggio, in piste difficili per i freni come Motegi, dove la successione di curve non da molto tempo al freno di raffreddarsi, di sopportare temperature ben più elevate.
Oggi come oggi tutti i dischi che si usano in MotoGP in carbonio o ceramici-carbonio, sono prodotti da due case: la Brembo e la Nissin.
Ci fermiamo qui nella prossima parte scriveremo dei problemi di centraggio dei dischi, di come funzionano le pinze e le pastiglie, della loro deformazione e di tante piccole cose che possono succedere, ai dischi, alle pastiglie e come rimediarle ma anche come alcune volte non è possibile.
Grande Aseb, come al solito.
Fin qui ti sto alla ruota, ma approfitto per una domanda: a cosa serve l’autoclave nelle lavorazioni del carbonio? Forse la cottura avviene sotto pressione?
Grande anzi grandissimo Aseb…
come al solito ho letto tutto di un fiato l’articolo, trovandolo molto comprensibile come al solito…
Grazie per queste perle!!
Grande pezzo Aseb! 🙂
Il titolo lo sento mio. 🙂 🙂
go Aseb goooooooooooooooooooo!!!!!!!
inoltre la leggerezza va a vantaggio della diminuzione della massa non sospesa ceh sarebbe quella massa che si solleva quando si prende una buca, quindi tutta la ruota, il canotto della forcella e mezza molla.
enter. :-)))))
@paolo137, nel caso dei dischi in carbonio non si usa l’autoclave ma un altro processo un tantino piu’ complesso sempre di cottura. L’autoclave si usa su tutte le parti in carbonio, carrozzeria, etc etc che vengono stampate (c’e’ di mezzo uno stampo) sotto vuoto e “cotte” appunto in autoclave. L’autoclave aiuta a far si che la resina si distribuisca in modo ideale fra le fibre e lavorando su variazioni di temperatura a specifiche del costruttore e del produttore della resina (nel caso epossidica) tutto il pezzo si indurisce in modo fenomenale.
A tale proposito e’ da sempre che voglio scrivere un pezzo su come si possono fare in casa pezzi in fibra di carbonio per le nostre beneamate, anche perche’ lo promisi a 3Pacchik tanto tempo fa, solo che vorrei corredarlo di foto di appunto un pezzo che faccio per spiegare bene il processo nell’articolo e mettervi in condizione di provarci voi stessi, una volta visto come si fa e con un paio di accorgimenti, non e’ una cosa poi tanto difficile… costosetta quello si !!!! Ovvio che lo faccio sotto vuoto ma aime’ non ho l’autoclave .. 😀 😀 😀
Jo hai ragione, immaginarsi in staccata ci manca pure la buchetta che ci fa saltellare rovinando tutto.
@Paolo137 rileggendo, forse non mi sono spiegato bene, il pezzo in carbonio ed il suo stampo, il tutto sotto vuoto, va messo dentro l’autoclave che oltre al vuoto gia’ creato, aggiunge la sua pressione e la sua temperatura, con il vantaggio che l’autoclave e’ regolabile in entrambe, pressione e temperatura.
@Aseb–Ah..ti ricordi allora che “dovevamo”fare il codone del CBR in carbonfiber!!!!! 😀 😀
Muoversi allora please!!!! 😉 😉 😉
Bravo Aseb
Chi come me è abituato a mettersi sulla moto e andare rimane sempre sorpreso da come siano precari e instabili gli equilibri tra fattori che contribuiscono al funzionamento della ns amata.
Per contrastare l’effetto giroscopico dei dischi sulle ruote, quindi si riduce l’avancorsa con la conseguenza di aumentare l’instabilità sul dritto, sono sicuro che c’è un perchè al fatto che invece non si riduce il diametro dei dischi stessi…. qual’è? 🙂
3Pacchik, Aseb mi ha spiegato anche come saldare l’ABS rotto con un comune saldatore da stagno… magari è un attimo più facile oltre che infinitamente più economico 😀
@Lanfreak— Ma Aseb ne sa piu di Mc Gyver,mica lo chiamo diavolaccio per senza niente>!!! 😀 😀 😀
Cmq la storia del CBR è vera,ero il suo “consigliere”su come trasformarla!
Pero’se ci ha promesso un video prima o poi lo fa di sicuro!! 😉 😉
Lanf il diametro e’ massimo, cioe’ quetsa e’ la misura estrema nelle MotoGP che entra all’interno del cerchione con il dovuto spazio per la pinza. Piu’ e’ largo il diametro posso raffreddare meglio il disco. Ormai sono prodotti in queste due circonferenze, la Brembo 320mm e la Nissin leggermente piu’ piccolo ma di pochissimo sulla HRC.
Ormai si sono assessati su queste misure, farli piu’ piccoli evidentemente non cambierebbe gran che perche’ dovrei farli anche un tantino piu’ spessi per recuperare la differenza di temperatura che salirebbe se avessero lo stesso spessore, morale per il peso sarebbe lo stesso.
Graze Aseb! (aspetto l’articolo sul carbonio fai-da-te)
Per chi di voi va in pista e si vuole rendere conto di come lavora il carbonio consiglio di provare le pastiglie in carbonio….il primo mezzo giro diventate completamente brizzolati perché i freni da freddi praticamente non frenano. E’ come avere i freni in legno di balsa…..meglio mettere giù i piedi.
Ma appena caldi alla prima pinzata senti l’avantreno che picchia verso il basso appena le pastiglie forzano sul disco. Son impressionanti!
Smeriglio confermo tutto. Siccome sono scemo, un po di tempo fa ho montato delle pastiglie race in carbonio… in inverno e su strada. Morale della favola dovevo ricordarmi di pinzare il freno di tanto in tanto mentre andavo, altrimenti la prima frenata era un incubo. Nella pioggia era ancora peggio, dovevo praticamente marciare col freno pinzato. A fine anno i dischi erano ridotti a due sottilette…. con grave dissesto economico 🙁
Never more… mi raccomando, pastiglie race solo in pista ragazzi!
Aseb… yep non avevo pensato al peso, che oltre al diametro influisce sull’effetto giroscopico…
Quindi non c’è modo di aggirare questo limite a meno di non scoprire un materiale più leggero e resistente del carbonio… teniamoci l’avancorsa ridotta 🙂
Lanf nella seconda parte che sto scrivendo vi dico anche delle pastiglie e che cosa va fatto e sopratutto non fatto se non si vuole comperare un bel paio di dischi nuovi ogni 3000 km
Comunque usate quelle organiche, sconsiglio anche quelle sinterizzate che pure quelle si mangiano i dischi purtroppo rapidamente .. a voi decidere … meglio cambiare pastiglie in fretta o i dischi ? 😀 😀 😀 😀
Buonasera buonasera
Mi sento esclusa… 🙁
Non capisco un tubo di quello che state dicendo, mi sento troppo ignorante. 🙁
@Simona–Non sei ignorante,è solo che abiti in pianura,che te ne fai dei freni???? 😀 😉 Scrz bella!!!!!
@Lanfreak–Mi è successa piu o meno la stessa cosa,sull’auto pero’.Avevo montato delle pastiglie racing che praticamente anche da surriscaldate non ti mollavano mai,a differenza delle normali che per colpa delle strade dove abito ti facevano prendere dei bei “scagazzi”!!!
Pero’poi i dischi li ho dovuti buttare…