Sindrome compartimentale dello sportivo

La situazione fisica dell’ avambraccio  di Casey  non è  delle più semplici e non va assolutamente minimizzata, per questo riprendo un’ ottima descrizione medica della “Sindrome compartimentale dello sportivo” in modo che tutti, se interessati,  capiscano a che cosa va incontro e quali difficoltà incontra ed incontrerà Casey nella guida di una MotoGP che non è assolutamente un evento da prendere alla leggera per quello che riguarda gli sforzi muscolari spesso eccessivi nelle durata di una gara.  Fate voi stessi un test , stendete un braccio in tutta la sua lunghezza ruotato con il palmo della mano in su  e con un foglio di carta sopra tenetelo fermo,  poi dopo dieci minuti in questa posizione ditemi come vi sentite, vi siete avvicinati ad un pilota di MotoGP.

Un dolore  sordo e crampiforme prende la parte interessata sotto sforzo muscolare, così forte da richiedere l’immediata sospensione dell’attività sportiva.  In altre parole si presenta come  contrattura dolorosa di tutto l’avambraccio con parziale o totale impossibilita’ di chiudere la mano e mantenere la presa del manubrio con dolore ed insensibilita’ delle dita.

Potrebbe essere un segno di sindrome compartimentale acuta. Se poi il dolore regredisce rapidamente in pochi minuti di riposo la diagnosi è quasi confermata. Si tratta infatti si una sindrome frequente nello sportivo. La sindrome compartimentale dello sportivo, sfugge infatti a tutti gli esami diagnostici tradizionali, compresa la R.M.N. e la T.A.C. L’unico esame in grado di diagnosticarla è la misurazione diretta della pressione intramuscolare prima, durante e dopo l’esercizio fisico. Si tratta di una sofisticata manometria che si compie sotto guida ecocolordoppler solo nei centri di medicina dello sport più all’avanguardia e attrezzati. Il doloroso disturbo è scatenato da un aumento eccessivo della pressione dei liquidi interstiziali nella loggia muscolare . Sono più esposti a sviluppare la sindrome sportivi  e quanti sottopongono l’arto a sforzi intensi e ripetuti in un arco breve di tempo.

Durante l’attività sportiva infatti il muscolo a causa dell’aumento di afflusso di sangue aumenta del 20-30 % il suo volume iniziale e la pressione interna subisce un brusco rialzo da 0-15 mm di mercurio a 30-40 mm di mercurio. Si tratta di un fenomeno fisiologico che si accompagna ad un progressivo adattamento della fascia muscolare: la struttura fibrosa che avvolge e contiene il muscolo. Non sempre: a volte l’aumento di volume del muscolo e della sua pressione interna non sono accompagnati da un elastico aumento di volume della fascia muscolare. Di qui la stasi capillare e linfatica che fanno impennare la pressione intramuscolare fino a picchi di 70-80 mm di mercurio. Tanto basta a bloccare la circolazione del sangue e a far accumulare acido lattico e molecole di scarto del metabolismo energetico nelle fibre muscolari. Si scatena così il dolore violento che costringe alla immediata sospensione dell’attività sportiva in corso. Tuttavia bastano tipicamente pochi minuti di riposo per far regredire completamente il dolore e dare allo sportivo l’illusione che tutto sia a posto e che sia pronto a ricominciare il suo utilizzo. Un errore, perche i sintomi si ripresentano puntualmente ogni volta che l’esercizio raggiunge una soglia di intensità critica che scatena nuovamente l’aumento della pressione intramuscolare, la congesione vascolare e l’inevitabile dolore che costringe lo sportivo a fermarsi di nuovo.

La sindrome compartimentale  dello sportivo, inizialmente si giova del riposo e delle comuni fisioterapie e  delle terapie con antinfiammatori, ma con il tempo tende a cronicizzare e viene scatenata da sforzi muscolari sempre più blandi fino a persistere anche a riposo. Un problema che colpisce prevalentemente la loggia muscolare anteriore della gamba, ma che con frequenza inferiore puo interessare anche le altre logge muscolari ( mediale, laterale e posteriore della gamba) e più raramente la coscia, l’avambraccio, il piede e la mano.
Esiste una sola terapia: la fasciotomia chirurgica. Si tratta della sola opzione di trattamento che permette una risoluzione completa dei sintomi e un ritorno dello sportivo al precedente livello di prestazione. Si può fare in anestesia periferica ( addormentando solo la parte interessata) e per via minimamente invasiva: attraverso quattro incisioni cutanee millimetriche, si introduce sottopelle tra la fascia muscolare e il muscolo stesso una sonda ottica e un bisturi retrogrado. Sotto il controllo ottico della telecamera la fascia muscolare viene recisa per tutta la sua lunghezza. Tanto basta a decomprimere il muscolo e a restituirgli tutto lo spazio di cui necessità quando sotto sforzo aumenterà di volume. L’ utilizzo del muscolo interessato  è concessa gia in prima giornata post-operatoria, ed è incoraggiato un ritorno rapido  alle attività sportive.

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