Come è fatta una gomma

Come è fatta una gomma

Vediamo da vicino come è fatta una gomma, distinguendone le diverse parti: la carcassa di base (3-4-5), la cintura (1), i talloni (6-7), il battistrada (2).

Esaminiamo la carcassa nei suoi due principali elementi e vediamo come influiscono sulle caratteristiche di guida. La carcassa di base è quella composta dalle tele che uniscono un tallone all’altro mentre la cintura è quella fascia sottostante al battistrada che provvede ad irrigidire la zona sottoposta alle sollecitazioni col fondo stradale. Un po’ di storia ci aiuterà a capirne le funzioni.

Le prime gomme, nate da un’idea di John Dunlop, nascevano dall’esigenza di assicurare alla ruota, rispetto alla allora consueta soluzione “a gomma piena” un miglior contatto col terreno e contemporaneamente di fornire un minimo di confort nelle dissestate strade dell’epoca. Era fatta nel modo più semplice possibile, secondo un’architettura oggi usata solo per i pneumatici delle biciclette: diversi strati di tele in cotone con trama e ordito a 90gradi annegati  dentro la pasta della gomma e orientati a 45 gradi rispetto al verso di rotazione. Un po’ come certi tubi in gomma da giardino.

Questa disposizione conferiva al pneumatico la caratteristica di ripartire le sollecitazioni stradali su una zona molto più ampia della pura area di contatto secondo una logica simile a quella del famoso “arco romanico” nel quale la stabilità statica è fornita dalla reciproca interazione di ogni blocco con quelli contigui. La camera d’aria interna esercita una pressione costante e il numero dei fili istantaneamente sollecitati nel contatto è molto elevato e copre un grande angolo del pneumatico stesso. Al crescere delle potenze si aumentò il numero delle tele, cambiandone anche il materiale da cotone a metallo.

Fu solo nel dopoguerra, col boom economico e la motorizzazione di massa, che venne introdotto il primo cinturato, un pneumatico che grazie alla presenza di una fascia perimetrale supplementare, garantiva una maggior stabilità dell’area di contatto. Fino a quel momento dobbiamo pensare all’area del contatto come una zona che, sottoposta a sforzi di trazione o di frenata, variava la sua forma mentre il corrispondente terreno NON cambiava: e questo ci dice che, di tutta l’area interessata, solo una parte rimaneva a contatto mentre il resto dell’area si allungava/accorciava e quindi scivolava e strisciava sul terreno sul quale poggiava. I vantaggi furono subito evidenti: le gomme duravano il doppio e assicuravano una tenuta di strada assai maggiore, con tutta la zona di contatto in perfetta presa sul fondo stradale. E anche le mescole, non più sottoposte a disastrosi strisciamenti, diventarono più morbide senza per questo compromettere la durata della gomma. I gommisti si sbizzarrirono e provarono cinture sempre nuove, variando a seconda delle esigenze l’orientamento dei fili della cintura per ottenere migliore rigidità nelle direzioni in cui le forze erano maggiori.

Come è fatta una gomma

Ma l’evoluzione tecnologica investì anche i materiali delle tele: nylon, rayon, acciaio e più recentemente kevlar erano ben più resistenti dell’antico cotone e permisero di pensare alla prima gomma radiale. Una gomma radiale è una struttura in cui la carcassa di base ha i fili orientati a 90 gradi rispetto al senso di rotazione: con tale architettura è evidente che la deformazione dovuta al contatto non si distribuisce più su un’ampia porzione del pneumatico ma resta circoscritta a quei pochi gradi di gomma sottoposti alla sollecitazione. Il cotone non avrebbe mai resistito, il rayon invece sì.

 Quali vantaggi apporti una simile configurazione è presto detto: durante una curva, nel massimo dello sforzo trasversale del pneumatico, la forza laterale avrà la stessa direzione dei fili della carcassa e la nostra area di contatto NON si deformerà in senso trasversale, replicando in curva ciò che le prime cinture facevano in frenata o sotto trazione.

La maggior stabilità dell’area d’impronta in senso trasversale garantiva una superiore aderenza e in definitiva un limite di tenuta laterale ancora maggiore. Arriviamo infine all’esasperazione del concetto con la carcassa radiale e la cintura a zero gradi, con il pneumatico molto stabile sia in senso longitudinale che trasversale e capace di limiti ancora superiori: è la struttura delle gomme da F1, con tenuta elevatissima e mescole proporzionalmente ancora più morbide.

Sembra tutto molto bello, ma per tutto questo c’è uno scotto da pagare: la gomma diventa sempre più difficile da interpretare. L’area di contatto molto stabile non si deforma proporzionalmente al carico applicato e resta in contatto con tutti i suoi punti: ma per la stessa ragione, quando inizia a perdere aderenza, la gomma scivola “tutta” di colpo, senza alcun preavviso. Il limite è alto, ma al pilota non passa alcuna informazione su quanto questo limite sia vicino. E’ come ritrovarsi improvvisamente sul ghiaccio, e la cosa non è bella. In F1 l’aerodinamica fornisce quel peso supplementare per aumentare ancora il grip: ma anche si perdesse aderenza, il mezzo non cade.

Come è fatta una gomma

In moto invece il feeling della gomma è essenziale. In moto dobbiamo fare in modo che la struttura della gomma abbia la possibilità di deformarsi quel tanto che occorre al pilota per avvertire la parziale perdita di aderenza della parte di area deformata ma con una rilevante porzione di area ancora in contatto. Insomma, la perdita di aderenza DEVE essere progressiva: e questo lo otterremo non con una gomma indeformabile ma con una gomma “a deformazione controllata”. Di più, la gomma deve deformare in modo controllato “nella direzione utile”, restando invece indeformabile quando sollecitata in direzioni diverse. Vedete che la faccenda non è per nulla semplice. La prossima settimana esce un nuovo articolo appunto sulle gomme dove ci addentriamo nella struttura e deformazione  che subisce la medesima nell’ uso sia su strada che in pista.

51 Comments
  1. Sarò banale ma un grandissimo GRAZIE a Federico per i suoi articoli ci vuole.
    Buona giornata a tutti

  2. Mi piace sta cosa della deformabilità “programmata”. Qualcuno doveva insegnarla anche alla Dunlop per i D208 montati in origine sulla mia Aprila 😐
    Tra l’altro proprio ieri ho letto che Dunlop ha “cannato” anche il disegno una gomma da custom. Dopo pochi mesi ha introdotto una nuova versione con disegno battistrada rovesciato 🙂

  3. Mi aggiungo a Max per i ringraziamenti a Federico e a tutta la redazione di GM.

    E con questo articolo abbiamo avuto anche la risposta al quesito della puntata precedente.

  4. L’avevo detto che era antiintuitiva …. quante birre ti devo Jigen?? 🙂

  5. MW ho fatto due conti, fai prima a mandarmi un’autobotte 😀

  6. Ogni volta che sento parlare di gomme Dunlop…. Mi viene il vomito…

    le D208 … non le vogliono nemmeno i muratori Bergamaschi sulle lora cariole!!!

  7. Come le Dunlop sulle carriole ??? Ho girato con due Dunlop racing slick con la Suzuki ad Assen ed andavano bene ,…… ma le D208 non le conosco io qui uso le Continental Sport Attack che qui al freddo vanno benissimo ….

  8. Eh le Dunlop sono gomme particolari. Molto appuntite, ma con tanta spalla alla massima piega.
    Le ho provate sui Supertwin e andavano molto bene, le potenze erano relativamente basse e l’aventreno sempre bello carico.

    Provai un Kawa ZX750R preparato bene con le dunlop slick e non andava dritto nemmeno a metterla sui cavalletti!!!

  9. Kawa preparata bene ? Magari aveva il telaio raddrizzato a colpi di martello …. per forza che non andavi dritto !

  10. sulla mia in realtà il controllo di trazione entra spesso in funzione con le Dunlop in uscita rispetto alle Bridgestone ma restano delle gomme sveltissime per la tipologia propria della carcassa e, per me ottime su percorsi molto guidati. Se le sgonfi un pò l’appoggio migliora senza risentirne a causa della rigidità della carcassa e per la formata più appuntita ma le Bridge ti avvertono sempre.

  11. Non sembra “squagliata”? E non è certo perché sono un pilotone ….
    http://imageshack.us/a/img707/2944/immag0150p.jpg Comunque è una D208 RR

    La posteriore era più o meno uguale finché poi ci ho messo la Supercorsa SC01 “fregata” dal CBR. E’ da 150 montata su un cerchio da 3,50 che porta la 130 (che non esiste), per questo è chiusa “un po’” meno che l’anteriore. In realtà hanno lavorato assieme, solo che davanti ero al limite (era la sensazione) dietro mi dava ancora una enorme sicurezza.

    Dai motardisti delle Slick Dunlop sento parlare un gran bene se non fosse per il prezzo le monterebbero tutti (almeno a parole)

  12. La posteriore è molto buona, l’anteriore è strappata più che squagliata. Come se avesse lavorato sotto la sua temperatura. A naso direi che con quella coppia di gomme la moto ti allargava troppo l’avantreno, o no?

  13. Si la sensazione era che scappasse e qualche volta ha provato a farlo. Però una volta ripulita su strada sotto è “bella” senza segni di strappo. Fanno dei gran bei riccioloni. 🙂

  14. Domanda: volendo avere la miglior tenuta su strada, mantenendo la stessa gomma estate e inverno, questa nella stagione fredda va gonfiata di quei 0,15-0,2 bar in più per avere la stessa pressione “a caldo” oppure va mantenuta la pressione a freddo o addirittura abbassata per cercare di scaldarla di più?

  15. Alef: col freddo ti conviene tenerla un pochino più sgonfia altrimenti non ti si scalderà mai. non di molto ma io quando giro col freddo le tengo 0.2 in meno al posteriore, l’anteriore lo lascio uguale o 0.1 in meno.

  16. Bravissimo. Devi sempre farti la domanda “cos’è che scalda la gomma”. Smeriglio, potresti raccontare di quei folli che, solo perchè la temperatura esterna era un po’ più bassa del solito, sono entrati in pista con gomme morbide. E’ molto istruttivo per capire come in realtà lavora un pneumatico.

  17. Beh Federico, bisogna però dire che la stampa “specializzata” ha sempre dato l’indicazione che la gomma morbida si aggrappa meglio all’asfalto freddo mentre sull’asfalto bollente si usa una gomma dura perché altrimenti la mescola si “scioglie” in breve tempo.
    In realtà si sarebbe dovuto specificare che si parlava di mescole e non di gomme in generale. Solo negli ultimi tempi (in pratica da quando c’è il monogomma), si comincia a differenziare tra carcassa e mescola. A mio avviso si fa ancora una gran bella confusione per cui gli “utenti” hanno le idee ben confuse. Da quello che ho capito io da u-tonto direi che parlare in generale di gomma morbida o dura non significa niente mentre ha significato parlare di carcasse morbide o dure (sarebbe meglio dire rigide o flessibili, ma non sottilizziamo), e mescole morbide o dure.
    Mi rimane ancora un dubbio che non so se sarà oggetto del tuo prossimo approfondimento sulle gomme o può essere già “svelato” qui.
    Durante le prove della motogp si dice che il giro buono si fa quasi sempre con le morbide ma le che le stesse gomme non si possono, di norma, usare in gara perché col caldo della domenica pomeriggio non durerebbero che pochi giri per poi decadere troppo. In quel caso si parla di mescola, come tutti credono o di carcassa? Se si tratta effettivamente di mescola, che significa che le morbide vanno bene se fa “tiepido”? Ovvero una temperatura fresca ma non sotto un certo limite sotto al quale si strappano? Questo vorrebbe dire che se in gara facesse veramente freddo userebero le “dure”?

    Ps sabato mi è capitato di tornare a casa sotto una pioggia torrenziale con la Pirelli in mescola (morbida) della foto. Anche sotto l’acqua e col fresco (circa 15 gradi) la sensazione è che sia la miglior gomma “never used” in qualunque condizione(però non ho mai provato una slick)

  18. In qualifica si parla di mescola, ma la temperatura esterna o dell’asfalto ha meno rilevanza di quanto si pensi. Mi spiego meglio: la mescola morbida si aggrappa meglio, e questo significa che a parità di peso è in grado di fornire un grip superiore. Grip che consente di scaricare una maggior cavalleria e fare il tempo, a prezzo di superiori deformazioni della carcassa che quindi scalderà tanto che andrà oltre la sua temperatura di esercizio e compariranno le bolle. Non sono i dieci gradi in più dell’asfalto a surriscaldare la gomma ma i 20KW supplementari prodotti dentro la carcassa. In qualifica poi, per sfruttare il maggior grip senza ribaltare la moto in accelerazione o frenata si compensa abbassando le sospensioni e limitando i trasferimenti dinamici: la gomma morbida si aggrapperà comunque meglio della dura, anche con carico totale leggermente inferiore, e noi potremo agire ancora più pesantemente su gas e freni. Deformando ulteriormente le gomme. La gomma morbida non arriva in fondo alla gara per degrado da eccesso di temperatura, non per l’usura. La regola è che la mescola va fatta in base al grip offerto dall’asfalto rispetto al carico verticale, non rispetto alla temperatura: pochi gradi in più o in meno si possono compensare, chattering permettendo, con piccole variazioni di pressione. Se la mia pista ha un buon asfalto io metterò la gomma dura perchè mi garantisce il sufficiente grip; se l’asfalto è freddo terrò la pressione un filo più bassa e la maggior deformazione iniziale mi basterà per scaldare la gomma, tenendo presente che poi sarà proprio quel cicinin di deformazione iniziale in più a portare la mia gomma al maggior DeltaT (comunque pochi gradi) richiesto per riportare tutto il sistema alla temperatura assoluta di lavoro. Ma se io invece metto una morbida il grip sarà tale che mi ritroverò con deformazioni elevate: dovrò abbassare la moto ma comunque dovrò gestire un DeltaT così elevato che, nonostante la temperatura più fresca, la gomma troverà il suo equilibrio termico diverse decine di gradi più su (cioè quando il maggior DeltaT con l’esterno mi consentirà di smaltire quei famosi 20KW in più). Allora la gomma sarà in equilibrio, ma la temperatura sarà ben superiore e la mescola degraderà in pochi giri. Spero di essermi capito 🙂

  19. Certo, se piove le questioni son ancora diverse: l’acqua, nebulizzando ed evaporando, porta via quantità di calore enormemente superiori alla semplice aria pur fredda che sia. E infatti le gomme rain hanno carcasse profondamente diverse e molto più deformabili, in modo da produrre maggior calore e compensare. Per contro, una rain sull’asciutto raggiunge temperature elevatissime anche al polo sud, degradando la mescola in pochi minuti. Il problema dell’asfalto metà asciutto e metà bagnato non è risolvibile proprio per questa ragione.

  20. Ti sei capito benissimo :-), però la cosa mica è così semplice e lineare come ce la volevano vendere.
    Quindi la gomma con mescola morbida serve solo per turni brevi, con assetti molto rigidi e/o moto e piloti assai leggeri, ho capito bene? Oppure per chi, come me va piano e basta accelera e frena poco e in curva si tiene un ampio margine? Oppure in linea di massima in condizioni di grip scarso.

  21. Però quello che non mi è chiaro è perché poi spesso li si vede fare una gara intera con la morbisa e quando vedi le immagini di quelle gomme da ferme, soprattutto sulla Honda di Pedrosa sembrano in stato eccellente, nulla che ricordi le gomme che arrivavano letteralmente sulla tela come si vedeva anni fa.
    Ovviamente parlo delle GP, mentre giustamente il vostro discorso è più generico.

    PS Federico, mi riallaccio al tuo intervento su situazione asfalto mezzo umido mezzo bagnato. Non ho capito se in quel caso una gomma intermedia trovi il suo scopo come immagino, o come dicono i piloti non servirebbe a nulla? Parlo di gomma fatta appositamente, e non delle slick intagliate per l’occasione.

  22. Se invece il grip è buono ma fa freddo, la gomma si strappa perché sotto si formano le bolle dovute al surriscaldamento a sua volta determinato dalla deformazione eccessiva della carcassa che per isteresi produce calore. Se fa caldo ovviamente il discorso è analogo solo che la temperatura di lavoro della gomma si alza grossomodo della stessa quantità di cui sale la temperatura dell’asfalto e ambiente, quindi la morbida sarebbe utilizzabile solo in condizioni molto particolari o per brevissimi run.

  23. Jigen, ci provo io, poi semmai Federico mi corregge. Le Bridgestone specialmente hanno una carcassa molto rigida il che consnete di girare con mescole più morbide. Per due motivi: 1° perche a parità di sollecitazione scaldano meno, secondo perché a parità di deformazione possono sopportare sollecitazioni maggiori (dovute almaggior grip). Se a questo unisci il peso leggero d Pedrosa e magari una taratura soft dell’erogazione in modo da stressare meno le gomme surriscaldandole ….. un po’ quello che almeno fino all’anno scorso faceva la Ducati di Checa. Quest’anno vuoi per i 6 kg di zavorra, vuoi per le scelte Pirelli in SBK non è più succeso.

    Per le intermedie ideali ci vorrebbero delle gomme che nei punti dove è asciutto o quasi si scaldano poco e dispedrono molto non deformandosi, il contrario nei tratti dove c’è più pioggia. Magari si potrebbe dotare la moto di un compressorino portatile che gonfia e sgonfia dove serve 🙂
    Non sarebbe l’ideale ma darebbe una mano 😉

  24. ottimo! Penso di essermi fatto un po’ di ordine mentale, son contento! 😀 Quindi volendo mantenere costante la temperatura risulta che più si ammorbidisce la mescola e più si deve irrigidire la carcassa e viceversa mentre la temperatura esterna è un fattore secondario. Riprendendo anche l’articolo scorso mi sembra di capire che si possa sintetizzare in questo modo: mescola dura + carcassa flessibile = poco grip ma tanto feeling; mescola morbida + carcassa rigida = tanto grip ma poco feeling. funziona?

  25. Le gomme sulle tele che si vedevano tempo fa erano consumate, non degradate. Oggi abbiamo mescole più performanti ma più delicate, e pesi e potenze in continua crescita creano problemi sempre maggiori. Il peso di Pedrosa sicuramente è un vantaggio: meno massa da accelerare significa minore deformazione della carcassa a parità di prestazioni, quindi in alcune occasioni per lui la gomma morbida è un’opzione possibile. Per le intermedie, sicuramente una carcassa fatta apposta migliorerebbe la situazione; ma dobbiamo immaginare le gomme – soprattutto l’anteriore – come sistemi che variano molto la loro temperatura istantanea curva dopo curva. E in condizioni di pista chiazzata la carcassa intermedia sarebbe costruita come compromesso, fermo restando che in realtà non andrebbe bene nè sulla parte asciutta nè sulla parte bagnata. Mediamente avrebbe la temperatura corretta, ma l’escursione termica sarebbe comunque troppo elevata. Il limite, in sostanza, è tecnologico: poi sono d’accordo che la situazione rispetto a quella attuale sarebbe migliore, e che l’esistenza stessa delle intermedie spingerebbe i gommisti a ricercare nuovi polimeri con migliore resistenza in presenza di forti escursioni. Insomma, la necessità favorirebbe lo sviluppo, con vantaggi per tutti.

  26. Sì, Alef, funziona. Chi passa dalla SBK alla MotoGP resta scioccato esattamente da quello: le gomme tengono tantissimo ma avvertono pochissimo. Se poi ci metti i freni in carbonio si capisce bene che la MotoGP è una classe che richiede un certo apprendistato, e il limite lo si trova per gradi successivi.

  27. Federico alla fine ho trovato conferma che io sono ben strano :-). Per girare su strada ho usato sempre gomme molto gonfie ben oltre il limite indicato sui manuali, pur avendo fatto prove diverse. Questo perché riducendo il grip e avendo gomme molto “scivolose” mi sentivo molto più tranquillo sentendo (o avendo l’impressione di sentire) con largo anticipo l’avvicinarsi del limite. Ma d’altronde la strada (normale, mista, non le corse in salita) e la pista sono dei mondi autonomi e con esigenze spesso contrastanti. D’altronde non dovendo vincere delle gare ma più spesso dovendo arrivare sano a casa o al lavoro, ho sempre pensato prioritario il fatto di non avere sorprese piuttosto che ottimizzare la performance.

  28. Probabilmente le mie origine fuoristradistiche mi hanno influenzato molto in questo. Sentire una gomma che “tiene” mi è sempre sembrato “innaturale” 😉

  29. No, aspè. Il feeling della gomma dipende molto dalla disposizione delle tele più o meno adatta alla moto che stai guidando. Scelta la tua gomma, gonfiandola di più ne stai sollevando il limite ma non stai variando il comportamento (ne parleremo nel prossimo articolo). L’effetto che ne ottieni è che la gomma più gonfia lavora a temperatura più bassa (se ne hai vantaggi, probabilmente a pressione normale la squaglieresti). Il grip non dipende dalla pressione (sempre entro i limiti previsti, sia chiaro) ma dalla temperatura: la temperatura dipende dalla pressione e dalla rigidità della carcassa, quindi il grip finale dipende dalla pressione solo in parte e solo per via indiretta. I principali parametri del grip restano la mescola, il fondo stradale e il carico verticale. Pressione e carcassa invece determinano la temperatura di esercizio. Il feeling invece dipende dalla disposizione delle tele e dalla deformazione dell’area d’impronta. Il guaio è che ognuno dei parametri influenza per via indiretta – in misura più o meno marginale – anche gli altri, e trovar la quadra è spesso delicato.

  30. L’avevo scritto da qualche parte: in fondo la moto non è che un accessorio che ci consente di cavar fuori il massimo dal “sistema gomme”. 😉

  31. A gomme ipergonfie la mia sensazione è che il grip diminuisce per via della minore impronta a terra. Anche l’handling della moto cambia diventando più leggera e maneggevole. D’altronde i piloti che fanno drifting in auto per avere facilità a derapare so che usano gomme e 4-4,5 bar. Mi scuso se tendo a far esempi personali ma spero che l’utilizzo di aneddoti reali possa aiutare la comprensione di tutti.

    Il modello per cui il grip è proporzionale al carico normale e non dipende dalla superficie di contatto so che ha dei grandi limiti per un campo in cui regna l’alchimia (parole di Aseb 😉 ). Infatti le gomme negli anni sono cresciute in modo da incrementare l’impronta a terra. E nell’uso quotidiano, al di fuori dell’uscita seria. La temperatura rimane sempre molto bassa e sicuramente inferiore a quella ideale. Mi sbaglio o dovrei scottarmi mettendoci le mani nude sopra appena fermo, mentre al massimo le sento tiepide?

  32. La gomma ipergonfia è cattiva perchè rovina il lavoro delle sospensioni! 🙂

    Va considerato che si riduce l’impronta a terra ma ne aumenta la pressione di contatto con l’asfalto, infatti il coefficiente di attrito non dipende dalla superficie ma dai due materiali. …Certo che è proprio fondamentale sta cavolo di temperatura allora!

  33. Ma certo che il modello di attrito classico ha i suoi limiti: presuppone corpi lisci e perfettamente indeformabili, cosa assai lontana dalla realtà. Ecco saltar fuori il problema dell’area d’impronta, ma siam pronti a tutto eh? Il prossimo pezzo tratta proprio di quello, e pur non parlando del drifting nulla ci impedirà di approfondire l’argomento nei commenti.
    Per l’handling ne abbiam già parlato discutendo sui profili, ci resta solo da chiarire il discorso del grip. Ultima cosa: le gomme stradali hanno necessità di durare qualche km in più e di mantenere un buon feeling col pilota. Per tale ragione hanno tele di cintura orientate con angoli maggiori e sono globalmente più flessibili con mescole più dure. E nessuno si sogna di andare con pressioni attorno a 1 (atm) sull’anteriore. Le motoGP fino allo scorso anno lo facevano, poi quest’anno le cose son cambiate e vanno con carcasse più flessibili e pressioni superiori. Addirittura 1,3 (atm). Se tu vieni dal cross saprai che siamo nel range del fuoristrada e del trial più che delle moto stradali, e questo ti dà un’idea della specializzazione delle carcasse in motoGP.

  34. Detto tra noi: grande palestra, il fuoristrada. Lì ci si fa davvero le ossa sulle sospensioni. Pure io tanti problemi me li son dovuti affrontare nel fuoristrada agonistico. Purtroppo le gomme si sentono poco, e per impararle ci vuole la pista asfaltata. E qui salta fuori un problema di formazione dei tecnici: per avere competenze sufficienti a valutare l’insieme dei problemi di una moto da corsa dovrebbero essersi formati anche attraverso discipline apparentemente distanti tra loro.

  35. Bravo Federico certto che se nel fuoristrada non hai le sospensioni più che ben regolate sai che bei atterraggi fai sui salti 😆

  36. E’ veramente un mare di roba. E ogni branca ha esigenze diverse. Per questo prima di discutere bisogna fare tutte le premesse e le distinzioni del caso.
    Comunque mi fa piacere che un po’ di “pratica” l’abbiamo sviscerata anche grazie alle mie scempiaggini.
    In buona sostanza abbiamo capito che il grip dipende in gran parte dalla temperatura (della gomma, non dell’aria), che le gomme morbide si scaldano di più e possono soffrire molto di surriscaldamento anche se fa freddo (a meno che non si facciano turni di 3-4 giri, come Stoner e si stia fermi al box a lungo, oppure al bar, vero Jigen? 😉 ). E che se piove, meglio coprirsi bene, sennò ci si bagna.
    Ci sarebbe un altro aspetto. Sempre parlando di gomme stradali di destinazione più touring che sport. Ho sentito spesso parlare di gomme che vanno bene perché entrano subito in temperatura contro altre che le devi scaldare per benino prima di poterti fidare. Ora la mia impressione, tra le gomme “di legno” è che ne esistano alcune quasi insensibili al riscaldamento. Nel senso che a meno di fare guida esasperata in pista dove probabilmente si surriscalderebbero, nell’utilizzo normale non si sente la differenza tra i primi metri percorsi o dopo alcune decine di km. Cioè ci sono gomme che già a 10°c probabilmente sviluppano la quasi totalità del grip possibile (penso che le gomme delle enduro stradali rientrino in gran parte in questo range), mentre altre gomme (di solito le più performanti), sono molto critiche da questo punto di vista, un po’ come le pasticche dei freni. Sarebbe simpatico se le case dei gommisti rendessero disponibili dei grafici con la percentuale di rendimento in funzione della temperatura della gomma, invece ora fanno solo (e neanche tanto) dei grafici sullearee d’uso indicando per ciascuna la zona in cui è più adatto un modello piuttosto che un altro. Preferiscono, credo per questioni di marketing non dipanare la cortina di fumo che avvolge la questione.
    Ecco un esempio sommario:

  37. Ahahahah MW, dopo che ho smesso di ridere continuo a leggere il tuo post. Non mi aspettavo la citazione ahahah

    In effetti sono il re delle soste ai bar !! La velocità con cui raggiungo la corda del bancone è ineguagliabile…. Il problema è il chattering che accuso dopo la 4a birra 😀

  38. Federico per esperienza in fuoristrada vale anche l’esperienza nelle vie di fuga?? 😀 sono un maestro eh….

  39. Smeriglio per esperienza in furistrada le vie di fuga sono degli alberi ai quali ti devi abbracciare così ti fermi di sicuro.

  40. Adesso vi spiego perchè io uso le ContiRoadAttack e nulla è meglio di una foto:

    Quetso è N. Sanders che si è fatto la bellezza di 55.000 km con tre paia di ContRoadAttack sulla sua fidatissima ed indistruttibile R1, si si avete letto bene una R1 per deserti, strade non asfaltate, guadi etc etc …

    Questa immagine no solo esalta la qualità straordinaria della Continental ma anche la leggendaria qualità delle Yamaha R1 !!!!!

  41. Sjaak lo conosciamo tutti qui, ha pure una CBR 900 RR esattamente come la mia del 1992 che va benissimo … la sua R1 è ancora in circolazione in Olanda !!!!!!!!

  42. Aseb secondo te il centraggio di quella moto con quel bagaglio dove sta? 😀 😀
    E soprattutto le gomme?
    Che miti queste persone, ricordano lo spirito degli esploratori di secoli fa.

  43. Con al Honda CBR 900 RR ha fatto il rodaggi dei viaggi intercontinentali e si è fatto il giro dell’Australia , con il deserto ovviamente.

    Oggi va in giro con una R1 del 2007 che gli ha regalato la Yamaha e le chiavi le ha consegnate personalmente Colin Edwards ad Assen.

  44. Quando ha scaricato tutto e si è sfogato sul lago salato i USA stava a 297 km/h per lo meno così ci ha assicurato … che moto ragazzi !!!!!!!!

  45. Aseb certo che andare in giro per 55mila km con tre treni di gomme appresso dev’essere una bella noia!! 🙂

    Però la foto che hai messo mi ha fatto venire in mente che nel deserto si usano gomme durissime (tipicamente le Desert della Michelin) ma nonostante questo si raggiungono temperature altissime (chissà come mai 😉 ) tanto da squagliare le mousse (che ho scoperto costare ben di più di un pneumatico!
    Della durezza delle Desert ne è ben consapevole chi ha avuto la fortuna di usarle sui nostri terreni sull’erba umida o le pietre leggermente sporche di fango 🙂 Anche a 0,2 di pressione la trazione manca. Con la mia SXV, fuoristrada la trazione manca lo stesso ma non credo sia n problema di gomme 🙂 Forse è il centraggio, come per la R1! 😉

  46. MW quello che mi sorprende è che la ContiRoadAttack non sono gomme dure anzi il contrario, infatti vanno molto bene dalle parti mie dove fa un tantino freddo e soprautto piove molto, anche se non piove la mattina le strade son ben umide.

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