Al giorno d’oggi farebbe sensazione vedere un pilota disputare cinque GP con tre monoposto diverse, ma anche nell’epoca la cosa non passò inosservata. Purtroppo, Per Nelson Piquet non c’erano alternative e pur di correre in F1 si arrangiò al meglio. In Germania debuttò con una Ensign, in Austria, Olanda e Italia era al volante della Mclaren M23 riservata ai giovani nel programma Marlboro cominciato l’anno prima. Poi in Canada, fine stagione, per Piquet ci fu l’arrivo alla Brabham Alfa Romeo, squadra con cui ha disputato sette satgioni vincendo due mondiali.
Anche se qualcuno lo chiamava zingaro, per via di una certa filosofia di vita, in realtà Nelson Piquet è sempre stato un pilota stanziale, uno che difficilmente cambia squadra perchè legato ai rapporti umani. Ma quando si presento al via delie gare nel 1978, in pochi avrebbero scommesso su di lui. Anche perché l’anno precedente, nella F3 europea, le aveva prese di santa ragione da Piercarlo Ghinzani, vincitore del campionato, e da altri novelli campioni più accreditati di Nelson.
A dire il vero, anche li si era vista una speciale predisposizione alle donne, sport in cui Piquet ha eccelso presentandosi sempre con mogli e fidanzate dì assoluto livello. E forse proprio per questo, nel confronto con l’altro brasiliano della sua epoca, Ayrton Senna, il contrasto era molto evidente: donnaiolo e sempre pronto a far baldoria Piquet, quasi monacale e maniacale Senna. La rivalità trovava quindi le su fondamenta anche nel diverso modo di affrontare la sfida in F1.
A giocare a favore di Nelson Piquet fu però il compagno di squadra Niki Lauda. L’austriaco, divorziato dalla Ferrari e approdato alla Brabham, per Piquet è stato una specie di maestro da cui apprendere i rudimenti delle corse. La messa a punto, per cominciare, la tattica e la visione di gara. Che Nelson fosse veloce lo si è capito però subito.
Nel GP Usa Est del 1979 partì in prima fila, la prima pole invece fu del 1980 a Long Beach, poi bissata in Canada. E finita male dopo una toccata con Alan Jones che spedì, senza complimenti, il brasiliano contro il muro subito dopo il via. Eppure l’anno migliore di Piquet, in quanto a prestazioni, fu il 1984, con la conquista di 9 pole, peccato che la sua Brabham BMW turbo non fosse affidabile come le rivali, ma quel punto Piquet vantava già due titoli mondiali, vìnti nel 1981 e 1983, sempre con la Brabham. Contro la Ferrari Nelson ha potuto dire poco, perchè nella trionfale stagione 1979, quando Scheckter e Villeneuve dominarono, la Brabham non era un fulmine di guerra, tanto che a fine stagione si passò dal motore V12 Alfa a un più classico Ford V8.
E il 1979 rimane la stagione più difficile per Piquet con tre uscite di pista In Argentina, Francia e Italia e il 15° posto nella classifica Iridata con appena 3 punti,La sua bestia nera, però, furnono Alan Jories e la Williams, con cui lottò duramente nelle due stagioni 80 e 81. In quest’ultima ebbe la meglio vincendo il primo titolo Iridato grazie alla accesa rivalità fra i due compagni della Williams.
Per tutta la stagione Reutemann e Jones si rubarono punti a vicenda e la scuderia, senza nasconderlo, era dalla parte di Jones. In Brasile, infatti, Reutmann rifiutò di obbedire agli ordini, che imponevano il sorpasso a favore del compagno. Da quel momento i due corsero da separati in casa. Alla fine della stagione Piquet vinse il titolo per un solo punto su Reutemann e 4 su Jones. In Sudafrica, gara non valida poi per il titolo, aveva vinto Reutemann davanti a Piquet. Con quei punti sarebbe stato lui campione e invece…
Diverso il discorso nel 1983. La Ferrari ha una monoposto imbattibile ma fragile quando è il momento di tenere botta. Arnoux e Tambay segnano la pole a ripetizione, vincono il mondiale costruttori ma contro Piquet c’è poco da fare. In quella stagione cominciano i collegamenti TV prima del via e Nelson si distingue con una serie di battute ai danni del telecronista che lo intervista (ne sa qualcosa il nostro Ezio Zermiani). Diventa subito un personaggio e quando finisce alla Williams, con Nigel Mansell compagno di squadra, la lotta fra i due è feroce, nella tradizione dei compagni di scuderia, ma la TV rende simpatico e popolare Nelson a scapito di Nigel, visto come un orso. A Imola, però, Piquet rischia grosso.
Siamo al Santerno nelle qualifiche del GP del 1987. A oltre 300 all’ora Piquet esce alla curva del Tamburello, quella che sette anni dopo sara fatale ad Ayrton Senna, Nelson riporta un trauma cranico ma vuole correre anche se i medici si diranno contrari. Piquét salta la gara ma percorre un giro di pista in sella a una moto e, senza casco, saluta il pubblico che lo acclama. A fine anno arriverà il terzo titolo davanti a Mansell complice anche un grave incidente del pilota inglese. A Suzuka, nelle prove del venerdì, la Williams si scompone, urta contro le barriere. Per Nigel è la fine della stagione visto che sarà costretto a saltare anche il GP d’Australia.
Piquet vince il titolo ma divorzia dalla Williams. Disputa la stagione ’88 al volante della Lotus-Honda turbo, ma non ottiene vittorie. Gli va peggio nell’89 con la Lotus-Judd: pochi cavalli, nessuna vittoria nell’epoca della McLaren Honda e della Ferrari che ha rivoluzionato il mondiale tecnicamente col cambio al volante e le molle a barra di torsione. Nel 1990 Piquet va alla Benetton. Lo ha voluto il nuovo manager della scuderia, il giovane Flavio Briatore. Piquet torna alla vittoria a fine stagione 90, vincendo il GP del Giappone e d’Australia, chiude il mondiale al terzo posto.
Nel ’91, ultima sua stagione, vince ancora in Canada, ma a fine anno arriva Michael Schumacher. Il tedeschino va forte. Fino a quel momento, GP d’Italia a Monza, Nelson Piquet aveva in squadra Roberto Moreno, brasiliano come lui, ma non certo un pilota impegnativo. Le ultime cinque gare del ’91 sono per Nelson all’insegna della difesa. La classe e il mestiere di Piquet emergono e alla fine fanno la differenza nel confronto diretto con Michael Schumacher. Ma Nelson ha capito che la sua epoca è finita e lascia la F1 senza rimpianti. Ha corso con una generazione di piloti che hanno scampato la morte e questa, per Nelson, è la vittoria più bella. Ma lo capirà solo dopo un grave incidente a Indianapolis nelle prove per la 500 Miglia.