Quando si ha l’onore di incontrare una regina, ci si deve inchinare, togliere il cappello e portarle assoluto rispetto. Ma anche di fronte a certe automobili bisogna osservare questo comportamento e la vettura che trattiamo oggi rientra nella cerchia: parliamo della mitica Lancia Delta S4!
Per analizzare a fondo questo “mostro” di casa Lancia, bisogna parlare del contesto in cui la S4 è nata: siamo nei primi anni 80 e nei rally spopolava il celebre Gruppo B, categoria nata nel 1982 dalla fusione del Gruppo 4 (Gran Turismo modificate) e Gruppo 5 (Gran turismo prototipo).
Il Gruppo B ebbe poche limitazioni e per ottenere l’omologazione erano necessarie infatti solamente 200 autovetture del modello di base ed era inoltre richiesta la produzione di ulteriori 20 esemplari per ogni “evoluzione” dell’auto: di norma i costruttori derivavano le vetture da gara da queste ultime; tecnologia, peso contenuto e potenza libera non potevano che portare a grandi prestazioni.
La Lancia a quel tempo era schierata con la 037, vettura certamente competitiva ma non all’altezza della concorrenza: la trazione posteriore si dimostra nettamente inferiore a quella integrale nelle prove su fondi non asfaltati, inoltre il compressore volumetrico da punto di forza diventa ben presto un limite molto pesante nei confronti della concorrenza turbocompressa (Audi Quattro e Peugeot 205 T16) e così nell’aprile 1983 (nemmeno un anno dopo il debutto della Rally-037) si parte col progetto di un’ipotetica vettura da rally a trazione integrale.
Come peculiarità della vettura e se vogliamo come punto cardine fondamentale del progetto troviamo il motore e il suo sistema di turbocompressione: il propulsore è un classico 4 cilindri in linea di 1759 cc in lega leggera e montato in posizione centrale, abbinato un inedito sistema di sovralimentazione combinata fra compressore volumetrico e turbocompressore chiamato Volumex e già impiegato nella Rally 037.
Questa soluzione aveva il vantaggio di “spingere” già a 2000 giri/min mentre la potenza pura veniva invece dal turbocompressore a gas di scarico. I due sistemi di sovralimentazione vennero accoppiati escludendo il Volumex agli alti regimi di rotazione dove funzionava solo il turbocompressore KKK: i due compressori spingevano in continuazione l’aria su un raccordo ad Y qui era presente una valvola che escludeva il tubo con minor pressione, pertanto ai bassi regimi il Volumex aveva più pressione del turbo e quindi immetteva l’aria nella camera di aspirazione.
Via via che aumentava l’energia dei gas di scarico, aumentava anche la portata del turbo. Pertanto per un breve periodo entrambi soffiavano nel motore, finché poi al crescere dei giri la valvola escludeva il Volumex (che però continuava ad essere collegato al motore) in quanto la pressione del turbo era maggiore. L’ing. Claudio Lombardi ha dichiarato che il concetto di motore della vettura, aspirato volumetrico più turbo compressore a gas di scarico, è rimasto innovativo per diversi anni al punto che la stessa Volkswagen lo ha copiato recentemente per la GOLF.
Allora Lancia non aveva, compreso tutto il Gruppo Fiat, sviluppato progetti per la trazione integrale; le altre case in primis Audi e Peugeot erano molto più avanti. In parte, alcune loro strategie vennero copiate dalla stessa Lancia.
L’aver realizzato, in quel periodo storico, una quattro ruote motrici partendo da zero, dimostrava che Lancia e il gruppo Fiat non erano secondi a nessuno sia nel mondo dei rally sia nel contesto mondiale dell’automobile in quanto a ricerca e sviluppo.
Ne fu la dimostrazione pratica il fatto che poi tale tecnologia venne trasferita sulla Delta 4WD di produzione. Furono sicuramente periodi molto difficili e in determinati momenti lo sconforto colse progettisti e collaudatori, come ricorda Claudio Lombardi, ma la caparbietà piemontese e il metodico continuo lavoro di messa a punto permise di arrivare ai risultati sperati. Venne realizzata una trasmissione a tre differenziali e cambio centrale con distribuzione trazione anteriore/posteriore al 20/80 o al 35/65. L’ing. Sergio Limone ha raccontato che la centralina elettronica era solo per la parte del motore, il resto era controllato con sistemi pneumatici e tramite delle valvole servo comandate. Le gestioni, della trasmissione, cambio e sospensioni, sarebbero state elettronicizzate soltanto diversi anni dopo. Insomma un concentrato di tecnologia inedita e nuova per l’epoca e per questo motivo venne ribattezzata “Laboratorio viaggiante”
La vettura venne messa su strada senza qualche pezzo: mancava l’idroguida (immaginiamo solo il peso della sterzata!) e l’autobloccante sul differenziale anteriore. La macchina era meno semplice della imbattibile Peugeot 205 turbo 16 ma la soluzione del turbo dava una quantità di cavalli impressionante: circa 500 per la versione rally e quasi 600 per quella da asfalto. Il tutto con un peso complessivo a vuoto sotto la tonnellata.
Sicuramente anche i collaudatori ebbero un peso rilevante; primo fra tutti, Lombardi mette Biasion e Pianta. Toivonen e Alen ebbero il compito di far macinare chilometri ai vari prototipi. Non era bella, almeno al primo impatto, ma si capiva che non era un giocattolo e che forse qualche sorpresa sarebbe arrivata. Quando la mettevano in moto il rantolo del Volumex era inquietante. La corsa di pochi centimetri della pedaliera faceva supporre che fosse preoccupantemente tanta la potenza scaricabile in pochi secondi. Vibrava tutta, era bollente e lo spazio dell’abitacolo di poco più grande di quello della Stratos, con il solo vantaggio di essere più alto.
Giorgio Pianta ha dichiarato che la vettura aveva delle accelerazioni sorprendenti e i tempi di reazione della vettura talmente repentini che non davano mai “…l’idea di governarla pienamente”.
In Corsica, durante delle prove private in vista del rally locale, le accelerazioni erano tali per cui Sergio Cresto non riusciva a leggere le note e non c’era modo di tenere fermo il suo corpo anche stringendo al massimo le cinture di sicurezza. Come ebbe a dire appunto Pianta “Questa macchina qui era una cosa impressionante!”.
Lo stesso Biasion sostiene che solo Toivonen è riuscito nell’intento di portarla al limite. Sempre Biasion ha dichiarato “Era una macchina che a guardarla sembrava sempre rotta. Se uno apre il cofano posteriore e vede come sono sistemati i radiatori, come sono sistemati gli ammortizzatori, la wastegate e gli intercooler, uno dice: dopo ogni prova speciale siamo li con i barattoli attaccati con il fil di ferro… e invece non ricordo di una S4 che si sia ritirata per guasti meccanici”.
La prima gara ufficiale, come Gruppo B, fu il RAC dell’85 che venne vinta da Henri Toivonen con Sergio Cresto. La seconda nell’86 al Monte Carlo sempre con Toivonen/Cresto: in questa tappa iridata troviamo ben 3 S4 ufficiali: quella di Toivonen Alen e Biasion.
Proprio per Biasion fu l’ingresso anche nella scuderia LANCIA MARTINI RACING: prima gara dopo tanti mesi come collaudatore, fu il Rally di Monte Carlo, così ha raccontato quell’esperienza “… vado alla prima prova speciale e la vinco. Arrivo all’assistenza con un sorriso da un orecchio all’altro. Prima gara con la divisa MARTINI RACING e a bordo della S4. Arriva Fiorio e mi dice sinteticamente che ero stato bravo, ma avevo fatto solo il mio dovere. Ci sono rimasto di un male…”.
Al rally monegasco del 1986, Toivonen ebbe un incidente frontale con un Francese apparentemente sotto effetti alcolemici: la macchina fu danneggiata gravemente ma in pochi minuti venne temporaneamente riparata, arrivò al punto dell’assistenza e rimessa in perfette condizioni dopo un lavoro durato meno di due ore. Il merito di tale miracolo fu determinato, oltre che dal team, da due elementi fondamentali: telaio tubolare e non a pianale che si riparava tramite cannello ossiacetilenico e pezzi tubolari e carrozzeria a moduli, organi di sterzo e trasmissione premontati in officina: la sostituzione del differenziale anteriore avvenne infatti in meno di 15 minuti.
Markku Alen non vinse il Mondiale Rally a seguito della cancellazione della sua vittoria al Rally di Sanremo, il che permise alla Peugeot di superare per pochi punti Lancia. La squalifica della scuderia francese, a quella gara, avvenne per delle minigonne irregolari montate proprio prima della partenza. Altri punti furono conquistati dal leone francese al rally di Corsica, dove tutti i piloti Lancia si ritirarono dopo la morte di Toivonen, che fino a quel momento comandava la leadership mondiale. Anche altri piloti, di altre scuderie si ritirarono in segno di lutto, quelli Peugeot no.
Nel 1987 la Federazione Internazionale Rally decreto’ la fine del Gruppo B: un periodo breve (1983-86) e intenso che verrà ricordato per le auto strepitose guidate dai più grandi piloti della storia, ma anche per i troppi incidenti. Disse Sergio Limone:“Il Gruppo B …da un punto di vista tecnico é stato entusiasmante, da un punto di vista sportivo onestamente non si vedeva l’ora che finisse. Certo che con quello che abbiamo imparato con la Delta S4 abbiamo vissuto di rendita per sei anni sulla Delta integrale”.
La Delta S4 va in pensione forzata, ma il team Lancia non abbandona e rilancia la sfida per l’anno seguente, dove con la Delta “4wd” e le sue evoluzioni, fino alla “evo”, conquista il mondiale costruttori per i sei anni seguenti 4 mondiali piloti con Biasion(’88 – ’89) e Kankkunen (’87 – ’91).
Oggi nei rally storici è tornata bella (allora qualcuno la definì, con una punta di acidità, “…brutta come una RITMO con 500 cavalli”) e potente come allora.
SCHEDA TECNICA
MOTORE : Posteriore centrale longitudinale 4 cilindri in linea
CILINDRATA : 1759 cc. (1759 x 1,4 = 2463 cc.)
ALESAGGIO : 88,5 x 71,5 mm.
POTENZA : 480 CV a 8400 giri (250 CV la versione stradale)
DISTRIBUZIONE : Due assi a camme in testa, quattro valvole per cilindro
ALIMENTAZIONE : Iniezione elettronica Marelli integrata con l’accensione con sovralimentazione misto
TRASMISSIONE : Trazione integrale permanente, 5 marce + retro marcia, differenziale autobloccante centrale tipo ferguson
PESO : 970 Kg (1197 KG la stradale)
Quotazione vettura: oltre 400 mila euro per la versione da Rally.
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Io ricordo l’anno scorso, alla fiera del modellismo di Verona se non sbaglio, mio padre (che non si smuove facilmente) emozionarsi e diventare quasi bambino (:-)) alla vista della Delta S4 con Miki Biasion accanto, tanto che gli ha anche chiesto l’autografo, evento più unico che raro.
Comunque che bestia…ci volevano le palle sotto per guidarla…
bisognava averle esagonali per portarla al limite! l’unico che ci riusciva era Toivonen, gli altri avevano solo da imparare. Gran macchina, un mostro assurdo e vederla oggi girare nelle gare in salita ti fa venire la pelle d’oca.
Si la macchina è spaventosa….una missile in vetroresina. Un mio caro amico (mio ex suocero) rallista, mi raccontava che in alcune speciali la Delta ufficiale era più veloce della S4 perché quest’ultima era ingovernabile, faceva impazzire i piloti. Che bei tempi…