Pista americana con asfalto liscio e un tracciato che comprende un po’ di tutto, dai rettilinei alle curve secche, dalle curve da raccordare al curvone in appoggio. Ma gli americani sono americani: le gimkane non sanno cosa siano, per loro ogni pretesto è buono per scaricare cavalli. Non gliene frega una mazza dell’abilità o della perizia nel dosaggio certosino del gas, loro son contenti quando c’è da aprire tutto. E ad Austin una caratteristica prevale su tutte: l’accelerazione. Nel resto della pista – loro ragionano così – c’è soltanto da limitare i danni: poi sul rettilineo si vince o si perde, punto.
La mattina, col fresco, si monta la più morbida disponibile. Grip al massimo, deformazioni elevate sulla carcassa, ma l’aria della corsa raffredda a sufficienza. Marquez tiene la moto a metà altezza, Pedrosa parte con cautela e sceglie un assetto alto e forse un filo europeo. Trascuriamo per ora il discorso su Marquez, il resoconto della giornata dice già tutto. Parliamo invece di Pedrosa che col passare della giornata ha progressivamente abbassato la moto passando dai primi giri prudenti, alla ricerca di percorrenza e di equilibrio globale, ad un assetto più aggressivo con una guida più impegnata. In FP1 l’abbiamo visto con la moto inizialmente così alta che ha rischiato la carriola in qualche frenata, alla fine delle FP2 stava ricominciando a capire che la Honda va guidata facendo driftare il posteriore in accelerazione per anticipare il rettilineo e spuntare maggiori velocità massime. Bradl capisce subito tutto, per Bautista occorre arrivare alle FP2. Il risultato comunque parla chiaro, le moto di testa sono quelle con maggiore trazione.
E anche in Ducati sanno bene che Austin è una pista particolarmente favorevole per la D16. Solo Hernandez, con la versione 2013, non trova la quadra: tutti gli altri vanno benone, soprattutto Iannone e Dovizioso. Il fresco permette di usare la gomma a fascia bianca, la moto è bassa ma comunque bilanciata meglio rispetto all’anno scorso. Le curve importanti sono tutte ad aprire e anche il sottosterzo non fa paura. Un discorso a parte merita invece Crutchlow: sarà stata la militanza sulla Tech3, sarà stato l’apprendistato che lui per primo dichiara di aver fatto con Lorenzo come modello, sta di fatto che non sembra un pilota inglese. Si sposta poco su una moto che invece va guidata alla Marquez, un po’ come al rodeo. Soprattutto ad Austin. E non è un caso che a trovare fantastica la pista texana è Kevin Schwantz, da molti definito il crossista dell’asfalto per la sua capacità di spostare lateralmente e/o longitudinalmente il peso del corpo per bilanciare il grip tra avantreno e retrotreno in ogni singolo metro di pista. Poi ci aggiungiamo che Crutchlow ha un contenzioso aperto con un’elettronica dispettosa, ed ecco che gli è venuto difficile anche cercare di adeguarsi nei pochi giri percorsi.
In casa Yamaha siamo ancora lontani dalla serenità della Honda. Si deve ancora scoprire il potenziale del mezzo, o comunque capire come cavarne fuori il meglio possibile. E qui mi sento di fare un applauso a Galbusera: abbiamo avuto la prova che in Qatar non aveva sbagliato nulla. Dopo la prima gara ho raccolto qualche dubbio sul suo operato: “ok, ha allungato dietro e l’ha tenuta più alta, ma non poteva fare come Marquez e utilizzare la dura?”. Qui in redazione naturalmente ci eravamo già accapigliati nei primi giri della gara sulla questione, e la conclusione era stata “no, non poteva perché pur con un miglioramento del sottosterzo in ingresso per via del passo più corto, la gomma dura e avanzata a parità di grip avrebbe avuto il difetto di essere poco progressiva nella derapata. Alla fine il pilota sarebbe rimasto più abbottonato oppure avrebbe rischiato la caduta”. E infatti Marquez, nella battaglia ravvicinata con Rossi, aveva il posteriore molto scorbutico (rilevato anche nel debriefing). Con una Honda. Figuriamoci cosa diventava su una Yamaha.
Torniamo ai fatti di Austin. Lorenzo copia il setting del Rossi del Qatar, Rossi d’accordo con Galbusera copia se stesso. La sua guida però è più aggressiva, si sposta più di Lorenzo. Di conseguenza la sua moto soffre meno il sottosterzo, e lui può sollevarla quel filo che basta per trovare trasferimento di carico e trazione. Bravi tutti. Lorenzo invece teme il sottosterzo, la sua moto è più bassa e non trova trazione. Avrebbe una gran voglia di montare la gomma bianca, ma sulle Factory non si può. Si rassegna a veder fuggire sia il compagno di squadra che la sua vecchia 2013 gommata bianca, nell’attesa della FP2 dove la pista più gommata e la deformazione della carcassa finalmente adeguata faranno lavorare in temperatura la sua “medium” pur con l’assetto basso. Buon per lui che la gara si correrà nelle ore più calde.
Rossi poi in FP2 tenta l’opzione “Marquez-Qatar”. Volevate la prova dei nostri ragionamenti di Losail? Eccovi serviti: Rossi monta la dura per metà delle prove senza cavarne zuppa. Pur con la sua guida più efficace resta sempre dietro a un Lorenzo che nel frattempo ritrova un po’ di grip, la sua posteriore viene perfino immortalata in uno slowmotion nel quale in uscita perde bruscamente aderenza senza driftare, costringendo Rossi a rischiare la caduta o ad aprire in ritardo. Negli ultimi dieci minuti rinsavisce, torna ai box e forse chiede scusa a Galbusera. Ruota morbida e arretrata, in pochi giri risorpassa Lorenzo ed è di nuovo coi migliori, come in FP1. Unico tra le Yamaha a tener botta a suon di trasferimenti di carico longitudinali (per l’altezza della moto) e trasversali (per il suo nuovo stile) alle Honda e alle Ducati.
Abbiamo voluto riservare l’ultima osservazione a Marquez in un paragrafo tutto suo. E parliamo proprio di Marquez, non della Honda; poi vedremo il perché. Cominciamo subito col dire che è partito con la precisa idea di sfruttare la propria capacità di guida in drifting: il setting è quello consueto, moto più bassa rispetto a Pedrosa e gomme uguali. Carichi statici uguali, un filo di meno per quelli dinamici.
Fuori dalle curve secche da trazione non è diverso dagli altri, e la sua velocità massima in linea con i suoi diretti inseguitori ci dice che non è sulle curvette precedenti ai rettilinei che lui apre in anticipo. Però rifila un secondo al suo più diretto inseguitore. Dove lo prende? Dove si può driftare con profitto. Un drifting su una curva di un metro non fa guadagnare nulla, la vera differenza sta nei curvoni lunghi che aprono: e dove gli altri guidano in appoggio e in percorrenza, col motore appena in tiro, lui invece scarica cavalli e accelera curvando con la posteriore in derapata.
Merito del particolare pilotaggio in stile flat-track (moto con la quale peraltro si stava allenando quando ha avuto l’incidente con annessa frattura alla gamba). Senza quella guida, la Honda non è poi troppo diversa dalla Ducati, e la classifica dei tempi lo dimostra. Come personale corollario, uno Stoner oppure lo stesso Marquez sulla D16 avrebbe probabilmente ottenuto lo stesso risultato. Detto questo, con un secondo di distacco su tutti gli altri, ha avuto il tempo nella parte finale della FP1 di testare la gomma dura. Risultati buoni, certamente, ma non all’altezza della gomma media.
E anche il retrotreno nuovamente nervoso ci racconta di una ruota troppo avanzata alla ricerca di una sufficiente trazione, compromettendo il buon equilibrio e la progressione nel drifting. Magari vengo smentito, ma io non penso che la userà in gara anche se qualcuno un po’ distratto potrebbe abboccare e magari copiare sbagliando tutto. Poi se il grip della pista aumentasse ancora, tutto potrebbe essere rimesso in discussione. E la hard, senza più necessità di eccessivi avanzamenti, potrebbe dire la sua. La scelta di domenica sulla griglia di partenza ci svelerà se sussisteranno le condizioni, e in questo caso si dovranno fare i conti anche con Lorenzo.
Mi piace la situazione di Rossi quest’anno…
Detto ciò, qua Marquez è semplicemente incontrollabile.
Federico, secondo te esistono ancora margini di miglioramento negli assetti o l’unica variabile è il grip la domenica?
Gabriele ti rispondo io per Federico : qualche piccolo ritocco magari di elettronica ci potrebbe stare per il resto la diranno appunto le gomme domenica ma anche stasera in qualifica dove non mi sorprenderei se Marquez migliora ancora un pelino
Di certo qua le Yamaha devono svolgere opera di contenimento.
ok del secondo guadagnato col drifting pero’ l’anno scorso l’unico che lo ha impensierito in gara e’ stato Lorenzo che col drifting proprio non va d’accordo.
anche quest’anno la vedo in maniera simile (con pure Rossi), quindi i due stili sono entrambi validi, la differenza la fa chi riesce a stare per piu’ tempo vicino al limite.
per la gara dico Marquez poi Lorenzo-Rossi-Pedrosa. se nessuno cade.
Jo – L’anno scorso la moto di Lorenzo era quella che oggi è la Forward. Non drifta ma ha più percorrenza e meno sottosterzo. E aveva un litro in più, quindi era meno scorbutica.