Il Circus della Formula 1 sbarca sul circuito Hermanos Rodriguez per la diciannovesima prova del Campionato Mondiale 2019. Grazie alle indicazioni fornite dai team e da Pirelli, riassumiamo le principali caratteristiche della pista di Città del Messico e il lavoro di messa a punto necessario per adattare la monoposto al layout del tracciato.
L’autodromo che sorge presso la capitale messicana è dedicato alla memoria dei fratelli Pedro e Ricardo Rodriguez de la Vega, entrambi piloti, figli di un facoltoso uomo d’affari messicano. Si trova in un parco della città a una altezza di circa 2300 metri sul livello del mare. Costruito originariamente nel 1962 e inizialmente denominato Magdalena Mixucha, ospitò il primo Gran Premio iridato l’anno successivo. Su questa pista, che nella prima versione misurava cinque chilometri, era già presente il lungo rettilineo di partenza di circa 1200 metri, seguito all’epoca da un altro tratto veloce che terminava con il tornante Hairpin. A caratterizzare la configurazione, dove si corse fino al 1970, anche la successione delle curve denominate The Esses e la curva prima del traguardo, una piega velocissima e leggermente inclinata che prese il nome di Peraltada. In seguito, la Formula 1 tornò in Messico dal 1986 al 1992, quando gareggiò su una versione più corta del tracciato, priva dell’Hairpin, per poi rimanere fuori dal calendario per i successivi ventitré anni. L’edizione del 2015 segnò l’inizio di un nuovo capitolo per questo storico impianto che nel frattempo ha subito un profondo restyling ad opera dell’architetto tedesco Hermann Tilke. Anche oggi la pista è molto veloce, conserva una parte di layout del vecchio tracciato e lo combina con settori più recenti, più tecnici e lenti: un interessante mix di vecchio e nuovo che ricorda vagamente Monza.
Il percorso misura attualmente 4304 metri e il rettifilo di partenza arriva fino a 1314, mentre in totale le curve sono 17. La pit-lane, 650 metri, è la più lunga della stagione. Quello del Messico è uno dei circuiti più veloci del calendario 2019, ma le monoposto girano però con più carico rispetto a Monza e ciò accade in parte per compensare l’altitudine. Fin dalla prima edizione, nel 2015, sul rettilineo principale si toccarono velocità molto più elevate di quelle che ci si attendeva: Sebastian Vettel spinse infatti la sua Ferrari fino a 366 chilometri orari, mentre due anni fa fu Valtteri Bottas a toccare i 372.5 al volante della Williams. Sempre in merito al layout, la configurazione prevede una zona lenta che transita presso lo stadio del Baseball, dove le tribune gremite forniscono un colpo d’occhio eccezionale anche per i piloti seduti nell’abitacolo. Presente qui anche il podio, che a differenza delle altre piste non si trova in prossimità dell’area del paddock. Le zone DRS sono due, la prima situata sul rettifilo di partenza e l’altra su quello fra curva 3 e 4. Per quanto riguarda invece il meteo le incognite non mancano, con caldo e piogge intense sempre possibili.
Vediamo ora il lavoro che i team dovranno fare sulle monoposto. L’altitudine è un fattore che influisce sulla regolazione dei parametri della monoposto. Dall’aerodinamica al motore si corre infatti con particolari accorgimenti. L’aria meno densa offre una minore capacità di raffreddamento e di conseguenza sulla carrozzeria vengono ricavate le stesse aperture che si impiegano nelle località più torride, come appunto Malesia, Bahrain o Singapore. I motori soffrono l’altitudine, i turbo meno degli atmosferici grazie alla sovralimentazione, ma questo aspetto si potrebbe anche riflettere sul’affidabilità dei componenti. In tal senso, il gruppo turbocompressore è chiamato a girare ad una velocità maggiore rispetto alle consuete condizioni di utilizzo in pianura. Ciò avviene per mantenere gli stessi livelli di potenza, compensando l’aria più rarefatta ed immettendo quindi la medesima quantità di ossigeno nelle camere di combustione. Tuttavia le difficoltà non si fermano qui, in quanto i freni costituiscono un altro dei punti caldi della vettura. Anche in questo caso l’aria rarefatta gioca un fattore di rischio perché la minore densità, oltre ad offrire meno resistenza all’avanzamento, impone ai piloti di utilizzare maggiormente l’impianto frenante nelle staccate più violente. Il tutto porta inevitabilmente ad una minore capacità di raffreddamento come nel caso dei motori. In questo campo, i team sono intervenuti sui condotti di alimentazione allargandoli, oppure aprendo delle feritoie nei cestelli dei freni per ottimizzare lo smaltimento termico reso ancora più complicato dall’aria meno densa e quindi meno facile da estrarre. Inoltre, non vanno dimenticate le appendici aerodinamiche, l’ala anteriore e quella posteriore, che in conseguenza dello stesso problema legato alla rarefazione vengono solitamente maggiorate.
Venerdì 25 ottobre:
Prove libere 1: 17.00-18:30 – diretta su Sky SportF1 HD
Prove libere 2: 21.00-22:30 – diretta su Sky SportF1 HD
Sabato 26 ottobre:
Prove libere 3: 17:00-18:00 – diretta su Sky SportF1 HD
Qualifiche: 20:00-21:00 – diretta su Sky SportF1 HD, differita su TV8 ore 21:15
Domenica 27 ottobre:
Gran Premio: ore 20:10 – diretta su Sky SportF1 HD, differita su TV8 ore: 21:30