Quando una squadra decide di entrare nelle competizioni sportive di alto livello, come la F1, deve essere preparata: deve godere di una ricca sponsorizzazione, di un tempo adeguato per lo sviluppo della monoposto e degli obiettivi realistici.
La Lola pensava di entrare in Formula 1 nel 1997 praticamente senza nessuno di questi. Dopo così tante speranze per la macchina, i risultati furono una gara in cui entrambe le vetture non riuscirono a qualificarsi e una crisi finanziaria mise in ginocchio la società.
Eric Broadley fondò la Lola nel 1958 costruendo una Sports Car. Ha poi continuato a rendere la Lola uno dei produttori di auto da corsa più rispettati al mondo per ben quattro decenni. Lola ha vinto il campionato Indy Car sei volte, oltre a tre vittorie alla Indianapolis 500.
Nel suo curriculum troviamo anche una collaborazione con Ford per la progettazione delle splendide Ford GT-40 che hanno vinto la 24 Ore di Le Mans per quattro anni di fila, dal 1966 al 1969. Lola ha anche fornito un supporto essenziale alla serie internazionale della F3000 fornendo le monoposto per diversi anni.
Nel passato di Lola troviamo anche una parentesi in Formula 1: nel 1962, Reg Parnell commissionò a Lola un’auto da F1 per i piloti John Surtees e Roy Salvadori, con Surtees che arrivò secondo a Silverstone e al Nurburgring, mentre si aggiudicò la pole position nel Gran Premio d’Olanda.
Nel 1967, Surtees ha nuovamente collaborato con Lola con il supporto e la potenza dei motori Honda che equipaggiavano la RA300/T130, che ha vinto il Gran Premio d’Italia a Monza.
Sebbene Honda si ritirasse dalla Formula 1 nella stagione successiva, l’esperienza della Lola in F1 era tutt’altro che finita. Nel corso dei prossimi 25 anni, Lola avrebbe stretto una partnership con team come Embassy Hill, Larrousse e il team BMS Scuderia Italia.
Ma la Lola realizzava solamente i telai che poi dava in gestione alle varie scuderie, un po’ come faceva la Ford con i motori. Ma Broadley voleva di più, voleva avere a tutti i costi una sua scuderia. A metà anni ‘90 si vociferava che la Lola sta mettendo in piedi un proprio team di Formula 1.
E in effetti un prototipo di una monoposto era stato testato da Alan McNish. Ma ancora non bastava, c’era bisogno di uno sponsor che finanziasse l’operazione.
Nel novembr 1996 è stato firmato un accordo con la Mastercard che avrebbe sponsorizzato il team, comparendo anche sul nome ufficiale del team.
Ma non si trattava di una semplice sponsorizzazione: la Mastercard aveva sviluppato un programma dove i possessori della loro carta di credito potevano essere coinvolti in una specie di fan club e parte del ricavato consegnato al team di F1.
Erano presenti diversi livelli di sottoscrizione che andavano dai 79$ ai 2999$. In cambio, il tifoso riceveva dei gadget dal team che potevano essere dei capi di abbigliamento ufficiali per arrivare ad una cena con la squadra e i piloti. Con questo metodo il team poteva raccogliere fino a 10 milioni di dollari.
Broadley voleva entrare in Formula 1 nel 1998, ma alla fine il consiglio di amministrazione della Mastercard hanno messo pressione per anticipare l’ingresso nel 1997. Questo ha portato il team a costruire l’auto, la T97/30, in meno di tre mesi.
La monoposto inizialmente era spinta dal classico V8 Ford Cosworth, ma la Lola sperava di avere il proprio propulsore V10, realizzato da MCD Consultants, a metà stagione.
Il capo di MCD, Al Melling, aveva già realizzato un prototipo del motore e lo stava testando al banco prova. I piloti scelti dalla Lola erano il nostro Vincenzo Sospiri e Ricardo Rosset, che avevano concluso in prima e seconda posizione nel 1995 nel Campionato F3000.
Sospiri è stato un collaudatore della Benetton mentre Rosset aveva trascorso una stagione con la Footwork/Arrrows, portando alla Lola la dote di sponsor come Lyca e Safra. A dirigere il team è stato assunto Ray Bourter.
Oltre al poco tempo che il team ha avuto per prepararsi al primo turno in Australia, come tutte i team ha dovuto affrontare la nuova regola del 107% nelle qualifiche. Questa regola era stata fatta per escludere dalla gara le vetture più lente per evitare di avere delle chicane mobili durante il Gran Premio.
Broadley inizialmente riteneva che la sua squadra non avrebbe avuto problemi con questa regola dichiarando “La regola del 107% è in realtà un margine abbastanza ampio. Se non possiamo farlo, allora non dovremmo essere in Formula 1.”
La vettura è nata senza mai vedere la galleria del vento, soffrendo problemi al bilanciamento e all’elettronica, risultando molto attardata rispetto al resto della griglia.
In qualifica le vetture erano tremendamente lente, con Rosset ad oltre 12,7 secondi e Sospiri a 11,6 secondi dalla pole position, ampiamente oltre al limite del 107%.
Il team sapeva di avere ancora molto lavoro da fare per la gara successiva in Brasile: organizzò un test a Silverstone dove si dedicò al set-up delle sospensioni e svolgendo un ampio lavoro per migliorare l’elettronica, per tentare di guadagnare qualcosa in prestazioni.
Ma il team doveva ancora ricevere i soldi del programma Mastercard e Ford chiedeva i soldi per revisionare i propri motori. Il team è arrivato in Brasile col conto in banca a secco, accumulando debiti per qualche milione di dollari.
Con questo scenario non proprio dei migliori, la Lola è ritornata dal Brasile senza nemmeno effettuare un giro ad Interlagos e il team sparì. Sospiri era convinto che il team avrebbe avuto le carte in regola per qualificarsi se solo ne avessero avuto l’opportunità.
Pochi giorno dopo, Lola ha annunciato ufficialmente il suo ritiro dal Mondiale per “ragioni finanziarie e tecniche.”
Ad Imola, in occasione del Gran Premio di San Marino, alcune voci davano un possibile ritorno della Lola. Ma erano solamente delle voci.
L’operazione Formula 1 ha quasi fatto fallire la società Lola e il fatto che il loro telaio della IndyCar non fosse per niente performante e fosse stato scartato da tutte le squadre a fine stagione, ha contribuito a gettare nella rovina finanziaria la società.
La Lola si è salvata grazie all’acquisto di Martin Birrane che attivò una serie di ristrutturazioni finanziarie che salvò la società: questo ha permesso alla Lola di dedicarsi alla realizzazione dei telai per le competizioni a ruote scoperte americane, abbandonando definitivamente l’idea della Formula 1.