Due parole sull’evoluzione dei telai. Tolti gli arcaici derivati dalle biciclette, i telai sono nati come strutture portanti sulle quali piazzare gli organi meccanici – motore, ruote, sospensioni – assicurando al contempo un rigoroso allineamento dei punti di contatto a terra. Rispetto a una bici, alloggiare il motore ha comportato la curvatura dei tubi: dal classico triangolo ciclistico al monoculla inferiore.
Poi ci si rese conto che per assicurare maggior rigidità (è un pregio, non un difetto) si sarebbero dovuti fare tubi di dimensioni troppo elevate, e si cominciò a pensare in termini di rigidità di forma: il tubo superiore, più rettilineo, con un leggero aumento del diametro poteva reggere senza problemi; ma quello inferiore, con una curvatura accentuata, doveva essere irrobustito per non deflettere dal piano verticale di mezzeria.
Sdoppiarlo e collegare tra loro i due tubi – mediante traversini oppure delegando il collegamento al motore stesso – consentiva di simulare un tubo che, sul piano orizzontale, avesse il diametro pari alla distanza tra i tubi stessi. Era nato il telaio a doppia culla inferiore, con due tubi ai quali veniva attaccato il forcellone.
Crescono le potenze, crescono le forze e il telaio mostra un problema: la spinta del forcellone, soprattutto quella laterale derivante dal disassamento del contatto a terra con moto inclinata, fa flettere i due sottili tubi nella parte posteriore della culla. Nascono piastre di rinforzo, i diametri dei tubi crescono, finchè qualcuno si sveglia e decide che il motore potrebbe incaricarsi di contenere anche quella deformazione: l’attacco posteriore del motore si allarga nel tentativo di “bloccare” i tubi ai carter.
A Bologna qualcuno prende una strada diversa: si realizza un traliccio completamente triangolato, come le gru per l’edilizia, raggiungendo una notevole rigidità di forma. Più alto sarà il traliccio, più resisterà anche alla torsione. Vincolato al motore direttamente, sui nodi del traliccio invece che con piastre a sbalzo, il telaio regge benone.
La doppia culla invece evolve: con gli attacchi posteriori del motore direttamente sugli ex tubi posteriori, ormai diventati due piastre pesanti, basta creare un attacco anteriore altrettanto robusto per sollevare dal proprio compito i due tubi inferiori. I due tubi spariscono, la “culla” è il carter stesso, con una rigidità molto superiore.
Parimenti, chi mantiene i tubi classici, spesso diventati di sezione quadrata anziché tondi, provvede a bloccare sul motore ogni possibile punto del telaio: Il motore, rigidamente fissato ai tubi superiori, a quelli anteriori, a quelli inferiori e a quelli posteriori, diventa una sorta di “traversino in 3D”, impedendo ai tubi di flettere.
Questo tipo di realizzazione, vantaggiosa per chi opera in modo artigianale per la semplicità di costruzione (io stesso i miei prototipi li realizzavo così, con un semplice piano di riscontro a controllo ottico), ha il suo limite nel peso e nella limitata accessibilità meccanica: nelle realizzazioni più raffinate o più industrializzate sicuramente è una struttura poco conveniente.
Sopra la foto della Bultaco 50cc , telaio scatolato, fulgido esempio di rigidità di forma come un Deltabox composto da un solo trave, contenente il motore visto che è piccolo e ci sta dentro. Lo scatolato Bultaco e il traliccio Ducati lavorano col medesimo principio di rigidità di forma, in sostanza, l’uno pare lo scheletro dell’altro.
E veniamo agli attuali telai delle moto da corsa. Una leggenda metropolitana vuole che il telaio debba essere in certa misura flessibile: la ragione non è chiara, al di là di fumose quanto poco scientifiche spiegazioni di alcuni piloti. Vorrei capire come mai storicamente, insieme a pneumatici sempre più performanti, si è reso necessario irrigidire sempre di più i telai intesi come strutture portanti tra i punti di contatto e il baricentro.
Parliamo di forcelle, cresciute continuamente nel diametro e diventate rovesciate? O parliamo dei cerchi, che neppure vi immaginate quanto ci si impegni per renderli sempre più rigidi? Oppure parliamo dei forcelloni, con capriate ormai diventate dei veri scatolati integrali per aumentarne la rigidità di forma?
Potrei spiegare come la rigidità di un telaio debba essere maggiore man mano che le forze aumentano, ma la cosa è così intuitiva che mi limito ad affermarlo senza dilungarmi: pesi e potenze impongono strutture più rigide. Mai notato che se appesantite la vostra moto coi bagagli, per quanto immobilizzati perfettamente, anche ritoccando i freni idraulici e il mollone la vostra moto si mette a pompare come una disperata?
Ecco: il maggior peso e le maggiori forze in gioco stanno superando il limite di rigidità della struttura. Anche se siamo ben lontani dai limiti di rottura, avvertiamo l’oscillazione del telaio. Detto questo, una moto da corsa con centraggio arretrato dovrà avere necessariamente una rigidità posteriore più elevata, pena il pompaggio: ogni perturbazione del fondo stradale si ripercuoterà – data la maggior rigidità del mollone e dei freni, in dipendenza da un centraggio arretrato – sul povero telaio. Tutto chiaro fin qui?
Bene, prendiamo due moto da corsa con centraggio arretrato, la Honda RCV e la Ducati D16. Hanno attacchi del motore in posizione differente, e questo si vede bene: posto che il telaio tra l’attacco anteriore del motore e quello posteriore possiamo considerarlo rigido quanto il motore stesso – al quale è saldamente bloccato – e che l’unico margine di flessione dipende dallo sbalzo tra l’attacco posteriore del motore e il perno del forcellone, secondo voi qual è la struttura più rigida?
Al di là di tutte le corbellerie che vedo scritte un po’ ovunque, provate a dare un’occhiata alle piastre del telaio, quelle posteriori dove si attaccano il forcellone e il motore. La Ducati ha distanze tra perno forcellone e attacco motore elevate, la Honda ha il perno del forcellone praticamente attaccato al motore. E secondo voi chi avrà, tra le due moto, la tendenza a pompare? E infine, quante volte avete visto pompare di telaio la D16 a motore portante dell’ing. Preziosi, quella con i telaietti in carbonio ?
Cosa c’entra il telaio col sottosterzo? Nulla, appunto. Cambiare gli attacchi senza modificare il centraggio non lo risolve.
Il perchè lo trovate QUI
ok grande articolo,ma se ti dicono di non sentire l’anteriore significa che cambiando ipoteticamente il centaggio a parita di telaio in carbonio risolviamo il problema ?
Provo a darti un indizio: da qualche gara anche Pedrosa ha accennato a qualche aleatorietà nell’avantreno. La sua moto non pompa affatto, ma il problema del sottosterzo evidentemente comincia ad avvertirlo pure lui. Domanda: il sottosterzo ha a che vedere con la rigidità e col pompaggio?
se la parte tra il perno motore e l’attacco forcellone è meno rigida del forcellone, a rigor di logica pompa di più la moto che ha questa distanza maggiore. Quindi, fissata la distanza tra perno motore e asse ruota posteriore, quando si parla dei benefici dell’allungamento del forcellone, si sta parlando invece dei benefici dell’accorciamento della distanza tra i due attacchi? in pratica è la stessa cosa, ma concettualmente mi sembra diverso.. (ho sempre sentito parlare che un forcellone lungo flette meglio di uno corto), in realtà si dovrebbe dire che nel complesso comporta una flessione minore??
Potete dirmi perché ora i forcelloni post sono tutti a caprata d rinforzo inferiore? Grazie
ne approfitto… un telaio più rigido porta dei benefici soltanto nei sistemi con sospensioni o anche per esempio nei telai rigidi tipo kart o minimoto?
Alef, non è che le piastre siano meno rigide del forcellone: è che in presenza di una forza laterale notevole il forcellone ha una leva formidabile con la quale va a deformare le povere piastre. Un forcellone più lungo esercita maggiore forza in virtù di una leva più lunga, e per questo le capriate diventano ingombranti. Il vantaggio che tanti profani vedono nel forcellone lungo non sta nella sua lunghezza in sè quanto nel fatto che evidentemente le masse meccaniche sono meglio centrate: il forcellone lungo ci indica che la meccanica è più compatta, e questo è il vantaggio.
A.I. La capriata inferiore – vista la sua altezza sempre maggiore in funzione della ricerca di superiore rigidità – ruba meno spazio alla sospensione e abbassa il baricentro delle masse non sospese.
aspetto rileggo l’articolo è qui la soluzione Perché la Ducati non è una moto da bagarre
@
La verità?
La Ducati di Preziosi era e resterà sempre un capolavoro di ingegneria!
La realtà (che è diversa dalla verità) è che per funzionare deve avere le gomme giuste, il motore non limitato dai regolamenti ed anche un pilota in grado di capirla e guidarla come un dragstar in uscita di curva e come una moto da dirt in ingresso! 😉
La bagarre invece la si fa con delle moto che sono più “umane”, dove la differenza la fa il pilota,
vedi la sbk o la vecchia classe regina (vecchia)…
Or che mi sovviene: “Prima di tutto abbiamo modificato il setting e la forcella anteriore e ora mi sento più sicuro in frenata e affondare di più, fermando la moto in maniera migliore. Questo per me è un gran miglioramento, dopo questo ho provato lo stesso forcellone che usava Jorge e mi sono trovato bene.” Detto da Rossi a conclusione dei test ad Aragon. Sapete com’è il forcellone di Jorge? Più rigido.
Le cose rigide sono sempre le migliori…. ;-0
THE VOX ma come ??? Ed il detto mi piego ma non mi spezzo ….
Molte volte ho sentito dire che un telaio deve flettersi lateralmente per fungere da sospensione quando gli angoli di piega sono talmente elevati da rendere praticamente inutili gli ammortizzatori tradizionali.. a me sembra un discorso ragionevole quali sono i motivi per cui ciò non dovrebbe essere vero? Non penso che ducati honda e yamaha (come tutte le altre case) si spremerebbero così tanto a fare telai se bastasse metterci un blocco di ghisa. E non penso che tutti i campioni che si siano lamentati di un telaio troppo rigido siano dei polli
io penso che il telaio deve essere invece “accordato” al resto della moto: ho avuto un motardino 50 che montava sospensioni e componentistica pessima, abbinate ad un telaio rigidissimo (per le potenze in gioco). in questo modo il telaio non faceva altro che amplificare le vibrazioni del motore e trasmetteva perfettamente tutte le asperità al pilota, rendendo la moto nervosissima ed inguidabile. oltre a questo il telaio mandava in crisi subito gomme, forcelle e forcellone, non alla sua altezza dal punto di vista della rigidità. in seguito sono passato ad una cagiva raptor dove invece apprezzai molto la rigidità del suo telaio (decisamente sovradimensionato), perchè era in armonia con delle belle forcelle solide ed un forcellone adatto. la moto era difficilotta da guidare ma la stabilità e soprattutto la precisione di guida erano un altro livello.
ovvio che in un discorso più lungo e completo ci sarebbe da tener conto delle geometrie e 1000 altri parametri, questo è solo un esempio molto semplice.
Ciao Marcello. Purtroppo ho sentito pure io tante volte quella diceria, ma questo non fa che dimostrare il pressappochismo, l’ignoranza e la superficialità con cui in troppi aprono bocca: le sospensioni lavorano perfettamente fin tanto che giacciono sul piano di rotazione della ruota. Quello è per la ruota l’unico piano esistente, e non ce ne sono altri. La traiettoria della ruota è determinata dalla linea di intersezione del piano di rotazione col piano stradale: e la ruota vede le asperità secondo la propria inclinazione. Scavalcare le asperità significa potersi muovere all’interno del piano di rotazione: al quale, in definitiva, devono essere parallele le sospensioni. In altre parole: nelle F1 le sospensioni sono sempre verticali perchè le ruote hanno sempre il piano di rotazione verticale. Come tu veda il terreno sotto le ruote è del tutto indifferente: la ruota vede solo la linea di intersezione descritta sopra.
Ad esprimersi in termini di telaio morbido e cavolate del genere non son mica le Case. Quello che ti arriva è semplicemente quanto un giornalista – mediamente di un’ignoranza abissale in materia di fisica e ingegneria – ha capito. Non solo: siccome tanti giornalisti che “lo fanno da anni” si ritengono perfino esperti (tipico esempio di cultura acquisita per osmosi, come le mogli dei medici che danno consigli per telefono ai pazienti del marito), allora i suddetti giornalisti spesso capiscono solo quanto risulti compatibile con la propria personale tesi, e riportano cose assolutamente distorte e non veritiere nella sostanza. Buona o cattiva fede, a noi importa poco: ma il fatto che sta storia del telaio flessibile sia tanto diffusa ti dimostra la portata dei danni che fanno. Diffondono ignoranza e disinformazione.
Il tuo motardino probabilmente aveva altri problemi: anzitutto di sospensioni, mi par di capire. Capisco la psicosi collettiva di incolpare ciò che sembra più di moda, ma io il telaio lo lascerei stare. Anzi: personalmente non ricordo di aver mai conosciuto telai “troppo” rigidi.
federico, grazie della risposta. mi rendo benissimo conto che le mie potrebbero essere tutte pippe e magari erano solo le sospensioni, anche se l’ho notato ben prima che la vicenda telaio/non telaio ecc. diventasse di moda, ma mi piace capire la dinamica della moto 😉 non ho ben chiare solo due cose:
1 in base alle mie limitate conoscenze di fisica se poniamo di avere una moto in piega a 60 gradi la forcella, sollecitata da una forza verticale (asperità dell’asfalto), potrà dissipare solo una piccola parte di essa, perchè la molla eserciterà una forza di reazione non parallela alla prima. per questo non riesco a capire il tuo discorso del piano della ruota ecc.
2 se non sbaglio yamaha l’anno scorso aveva provato (non ricordo quando) un telaio più morbido nella zona posteriore e ducati proprio quest’anno nella sua moto laboratorio sta provando un telaio geometricamente identico a quello attuale ma differente nelle rigidezze. quindi alle case frega del telaio morbido.
Federico, grazie mille per l’articolo molto bello. Il discorso sulle sospensioni è molto chiaro, e capisco la tua frustrazione.
Per farla più semplice direi che, quando la moto è in piega la forza che “grava” sulla moto si inclina, quindi in pratica è come se il mondo sotto di noi si inclinasse e le sospensioni continuano a lavorare verso il basso.
Sarebbe come se una moto da cross per andare di traverso su un pendio, avesse bisogno di un telaio più morbido. Non ha molto senso.
Grazie, Peraps…
Marcello, sono sicuro che se ci pensi un minuto,rileggendo bene quello che ho scritto, lo capirai benissimo. E sorriderai per aver in precedenza potuto pensare diversamente. Bada, le due cose si tengono: se capisci la storia del piano, allora ti è chiara anche la storia del telaio. Quel che mi lascia basito è che evidentemente tanti sedicenti esperti, giornalisti, piloti, meccanici e santoni, fondamentalmente dimostrino con le loro teorie di non aver capito come funziona la ruota. A oltre diecimila anni dalla sua invenzione.
Il modello matematico della moto da cross che avanza sul fianco inclinato di una collina è molto suggestivo e rende molto l’idea del sistema di riferimento relativo della ruota. Comunque a me rimangono un paio di quesiti cui non riesco a darmi risposta :
perché negli ultimi 20 anni le pistre delel forcelel sono via via diventare sempre più esili anche a fronte di steli con sezioni (e di conseguenza momenti d’inerzia polare), sempre più importanti. Mi sembra che anche le pareti laterali sia delle travi dei telai sia dei bracci dei forcelloni si siano assottigliate. Il secondo aspetto è che questo modello del piano di rotazione è inconfutabile dal punto di vista cinematico ma da quello dinamico qualche necessità di integrazioni per descrivere compiutamente i fenomeni, mi sembra che ce l’abbia in quanto le sospensioni non sono perfettamente scorrevoli, la frenatura idraulica delle sospensioni ne determina uno sfasamento temporale rispetto al “timing” delle sollecitazioni e il fatto che il piano di rotazione della tuota non sia quasi mai (a meno di piste dall’asfalto perfettamente livellato e prive di variazioni altimetriche significative) determina il fatto che la ruota (il punto di contatto tra questa e l’asfalto) non abbia materialmente il tempo di muoversi nel suo poiano di rotazione, per ovvie ragioni geometriche debba anche scartare lateralmente. Ne abbiamo già parlato dicendo che questo lavoro in grandissima parte lo fa la gomma che si deforma, e su sollecitazioni piccole come i “denti” di un cordolo ci può anche stare, ma nel caso di avvallamenti di una certa ampiezza mi pare che non basti. Credo che la gomma non possa schiacciarsi oltre i 3-4 cm prima che le sue pareti entrino in contatto, spingano il cerchio questo le sospensioni e queste il telaio. Se questo è infinitamente rigido che succede? Non si stacca dal suolo trascinando con se le masse non sospese? Perché, visto che c’è la foto della Bultaco monoscocca, Jahn Thiel (se non erro) smise di fare la MBA 250 monoscocca? In teoria un telaio così rigido avrebbe dovuto dare molti più vantaggi rispetto a un 125 o a un cinquantino, contando che allora le inclinazioni in gara raramente superavano i 45-50°?
Mi basterebbe trovare la risposta alla questione delle piastre forcella e per un anno/anno e mezzo sarei tranquillo e soddisfatto 🙂
Le piastre di forcella, così come pe pareti dei telai, si assottigliano alla ricerca del minor peso possibile attraverso l’ottimizzazione al computer della disposizione del materiale. Per quanto sembri strano, sono assai più rigide che in passato: la chiave di volta è stata la forte crescita in altezza delle guide sull quali sono bloccati gli steli, in modo che allo stato attuale la rigidità complessiva è più alta. Stesso discorso per i telai, sempre più sottili come parete ma sempre più estesi come superfici: basta un’occhiata al telaio dell’articolo (penultima immagine) e al forcellone dell’immagine immediatamente sopra. E’ evidente come si stia procedendo verso strutture che somigliano ogni anno di più a veri e propri scatolati tipo Bultaco: spessori molto bassi ed estensioni sempre più ampie. La rigidità, a dispetto del peso, sta ancora crescendo.
@Mwinani: confermo quanto detto da Federico sulle piastre forcella. Farle piene come si faceva una volta non serve quasi più, perché si è riusciti a individuare i punti di tensione all’interno della piastra che è quindi stata “svuotata” lasciando solamente la struttura reticolare sufficiente a tenere rigido il blocco forcella.
Se pensi è un po come i ponti in acciaio oltre una certa dimensione: tu vedi solo il reticolo formato da puntoni, falsi puntoni, tiranti, che tengono sollecitazioni altissime proprio sfruttando la struttura triangolare.
Per le strutture più piccole è sufficiente una trave a doppia T, ma quelle grandi necessitano di sviluppi reticolari.
Un po come i telai a traliccio ducati….
Le travi dei telai lavorano nello stesso modo: dovendo sopperire per la maggior parte a carichi verticali, hanno travi più alte che larghe, e a quel punto lo spessore della trave va in funzione dell’altezza del trave. Più alto è, più sottile può essere la parete.
Inoltre devi pensare che i travi all’interno non sono lisci, ma sono reticolati per stampaggio in modo da dare maggiore rigidità. Vale lo stesso discorso delle piastre.
Quindi anche assotigliando la parete, se tengo stampata all’interno la nervatura principale, posso assottigliare il resto della parete.
sarò io bacato ma questa storia non mi entra proprio in testa 🙂
intanto la moto dal cross sul pendio è verticale e, andando su un terreno deformabile si comporterà più o meno come se fosse perpendicolare. faccio un esempio io: se con una moto viaggio su una curva parabolica senza piegare e incontro delle irregolarità perpendicolari all’asfalto (in pratica è cio che accade quando ho una moto in piega, solo che ruoto il piano d’appoggio in maniera che la moto sia verticale) esse tenderanno a spostare la moto verso l’interno della curva invece di far lavorare le sospensioni. inoltre non mi avete smentito sul fatto che le case provino telai più morbidi.
Le case che provassero telai più morbidi avrebbero senz’altro le idee troppo confuse a forza di dar retta a piloti che, non sapendo una mazza di fisica e di ingegneria, si piccano di imporre direttive assurde. I telai si stanno assottigliando nella parte compresa tra l’attacco posteriore e l’attacco anteriore del motore: laddove cioè il motore stesso assicura la perfetta indeformabilità. Ducati aveva fatto di meglio: aveva direttamente eliminato quella parte. Stanno invece diventando sempre più rigidi nella parte posteriore, tra il perno del forcellone e l’attacco posteriore: in Honda questa distanza è ridottissima, alla ricerca di maggiore rigidità, mentre in Ducati è molto più grande. Ancora una volta Ducati ha fatto il gambero rispetto al progetto di Preziosi, col perno forcellone direttamente nel carter. Resta ancora il problema del centraggio, e quello non ha nulla a che vedere col telaio o col motore portante. La D16 attuale è migliorata come centraggio rispetto al progetto in carbonio, ma è peggiorata come rigidità. Infine, sulla moto da cross: su un pendio percorso trasversalmente la moto resta dritta, e le forze sono parallele al piano di rotazione della ruota. Un eventuale sasso viene scavalcato secondo una traiettoria verticale, in perfetto accordo con la sospensione. Non viene mica scavalcato in direzione ortogonale al piano del terreno, neh? Quando affermi “sollecitata da una forza verticale (asperità dell’asfalto)”, sappi che a vederla verticale sei solo tu: la ruota vede solo la traiettoria compresa nel suo piano di rotazione. Prova a pensare come la moto da cross scavalca un sasso su un terreno in pendenza, poi ruota l’immagine fino a portare il terreno orizzontale (e la moto inclinata) e dimmi che traiettoria vedi. La sospensione lavora perfettamente, e la sollecitazione non è affatto verticale ma resta in asse con la ruota. Quindi il telaio che deve flettere di lato è una solenne XXXXXXX. 😉
LA dinamica delle moto da cross e di quelle da pista è leggermente differente, proprio per le sollecitazioni diverse a cui sono sottoposte.
@Marcello: attento, le case non cercano “telai più morbidi”, ma si riferiscono sempre a “una ricerca di differenti rigidezze”.
c’è molta differenza eh, attenzione.
Molto in breve, la rigidità di un telaio è data da molti fattori e soprattutto si divide sui tre assi “cartesiani” (longitudinale, trasversale, laterale) più un asse di rotazione (torsionale).
Ogni sezione del telaio è progettata per tenere differenti tipologie di sforzo. Ad esempio, la zona del cannotto deve avere una rigidità diversa dalla zona centrale, così come dalla zona del perno del forcellone.
La ricerca dei telaisti non è la morbidezza, quanto l’accordo delle rigidezze (come dicevi giustamente tu).
Alcune zone però devono essere rigide quasi in senso assoluto, perché la loro deformazione provoca una reazione che può essere indesiderata.
Vale quindi il concetto dell’azione=reazione, quindi se io ad alla zona del forcellone applico un Momento di forza, se è troppo morbido e il materiale non arriva a snervamento (quando quindi si avrebbe una deformazione permanente), appena il Momento di forza cala quella zona che è andata “piegandosi” mi renderà la stessa forza indietro provocando oscillazioni e ondeggiamenti.
Uff…è difficile da spiegare…comunque il concetto di rigidità non va confuso con il “duro”, o “morbido” in senso assoluto, ma si compone di molte variabili.
ok ora ho finalmente capito 🙂 cavolo se l’avevo sparata grossa! grazie di tutte le spiegazioni 😉
Non preoccuparti, Marcello, eri in ottima compagnia. La maggior parte dei sedicenti addetti ai lavori nonchè esperti per definizione non hanno tuttora chiaro in testa come funziona una ruota. Son contento di essermi saputo spiegare, e non è così facile.
Però Federico dovrai dare atto che il contatto ruota suolo non è puntiforme e per via dell’attrito (qui molto più importante che non nel fuoristrada) la componente della forza può non non giacere (e di norma non giace su tale piano). La massa e l’inezia trasversale di una moto non è infinita. Quindi il vincolo imposto ad esempio dalla forcella non è un “pattino ideale”. Ma si sposta e ruota. Questo da luogo a spostamenti laterali della ruota che a loro volta si traducono in sollecitazioni trasversali sulle sospensioni. Ora come hai più volte spiegato, le sospensioni oltre ad assorbire le sollecitazioni servono a far mantenere un assetto il più possibile costante alla massa sospesa. Una moto senza sospensioni ha problemi seri sulle sconnessioni. Perché se le sollecitazioni sono laterali (oblique) questo non è vero? Una moto verticale che urta un ostacolo verticale salta. Una moto inclinata che urta un ostacolo inclinato non salta lateralmente se è rigida? (troppo rigida)? Io su un pendio se mi trovo davanti un tronco orizzontale (perpendicolare al piano di mezzeria della moto) mi irrigidisco ma se il tronco (o la pietra) è inclinato verso valle mi cago sotto (devo avere qualche ricordo subliminale che mi condiziona 🙂 )
La moto totalmente rigida salta, ovvio. Ma ci sono appunto le sospensioni, incaricate di assorbire quanto possibile senza lanciare verso l’alto il telaio. Non è di questo però che si sta discutendo. Stiamo discutendo su un semplice fatto: se il telaio torce, una parte dello spostamento viene assorbito dal telaio (con un telaio perfettamente rigido è la sospensione ad assorbirlo totalmente, levata la solita quota gomma). E il telaio, sprovvisto di ammortizzatori oleodinamici, lo rende subito dopo come una molla, innescando un sistema oscillante che si ripercuote su tutta la moto. Ripeto ancora una volta il concetto: un telaio rigido “obbliga” la sospensione a lavorare. Valga a titolo di esempio quanto visto sulla moto di Bradl nelle prove del GP di Montmelò: ricorderete che la Honda lo scorso anno si lamentò della nuova gomma anteriore che creava chattering. Anticiparono l’esordio della versione 2013 e da quel momento Pedrosa vinse tutto, senza problemi. Cosa era cambiato? Il telaio della nuova moto era più rigido: non fletteva e non innescava di conseguenza alcuna oscillazione, obbligando la forcella a lavorare e a smaltire l’oscillazione della gomma all’interno delle cartucce oleodinamiche. Da 1.31 a 1.36 si vede la gomma che oscilla, la forcella che assorbe e il telaio che non si muove. Prova ad immaginare cosa poteva succedere con un telaio più morbido: la forcella schiacciava – e assorbiva – meno, il telaio si caricava come una molla e, insieme alla gomma, avrebbe innescato un sistema che rimbalzava tipo lo spaventapasseri di Orzoro (essì, ho la mia età. E allora? :P)
Ops, dimenticavo il link. Eccolo: https://www.youtube.com/watch?v=-YAiXqOwkmE&NR
L’altro link è questo 😀
http://www.youtube.com/watch?v=JWhBeuq6PYc
@MW, ahahah.. è vero il paragone con il cross, vale solo se vai sempre dritto, perché io non mi sognerei neanche di girare verso valle 😀 😀
Sull’asfalto credo che un telaio rigido ti possa aiutare a minimizzare quelle sollecitazioni laterali, mantenendo la moto in asse sulla forza centrifuga, in modo che possa far lavorare bene le sospensioni.
In generale, credo che un telaio molto rigido aumenti la prestazione in assoluto della moto, ma per essere guidata necessita di un lavoro sempre più di fino su bilanciamento e sospensioni.
Immagino che avere una moto iperrigida ti dia la possibilità di andare forte ma è più difficile farlo perché se non è settata perfetta o se fai un piccolo errore la moto di saluta. E questi ai piloti non piace molto!
Quindi il grande dilemma. Se seguire la strada che sulla carta ti da una moto bomba, o seguire i piloti che manifestano difficoltà ad avere il controllo della moto.
Credo che, le sollecitazioni laterali a cui fa riferimento MW, quando le senti al manubrio ti danno conferma che la gomma “sforza”, e quindi ti tiene, se senti che “molla” vuol dire che stai per tirare una craniata per terra.
Se la moto è molto rigida, lavora meglio perché mantiene in asse tutto quanto ma siccome senti meno quella sollecitazione laterale, fai fatica a capire quando la moto ti sta per salutare…
PS: ditemi se sto vaneggiando.
Giusto. Una moto rigorosa ha necessità di settaggi altrettanto precisi. Vero anche che le deformazioni vengono usate dal pilota per capire se sta osando troppo, ma è questione di abitudine: se tutto viene regolato come si deve, il pilota avvertirebbe solo la deformazione della gomma (che poi è quella che realmente occorre sentire). Ma ammetto che la sensazione iniziale sarebbe sconcertante, e molti piloti vorrebbero tornare a ciò che è più familiare. Salvo lamentarsi che Stoner vinceva con la moto migliore. Le nuove leve faranno giustizia di tanto empirico pressappochismo.
Ecco Federico.. mentre scrivevo Federico hai scritto il concetto molto meglio di me 🙂
La questione della negatività di una eccessiva rigidezza su strada mi è molto chiara, sia per aver montato sulla mia macchina delle sospenzioni tipo coilover (per fortuna in versione street) al posto delle originali che provocando eccessivi trasferiemntidi carico rendevano la macchina perfidamente bastarda (è una TP turbo anni 90 senza nessun controllo a parte l’ABS). Sulle strade normali che abbiamo qui mediamente dovevo andare più piano di prima perché se è vero che la macchina quando partiva lo faceva in modo molto progressivo è anche vero che passava tutto il tempo a saltellare e a farmi sbattere la testa sull’imperiale del tetto. Poi per aver frequentato un sito di tuning dove la gente si comprava na macchina di serie, poi cambiava cerchi, gomme ribassate, sospensioni racing, infine bushing in alluminio al posto di quelli in gomma, barre antirollio, barre tra i duomi supporti motore e cambio e alla fine …. vendeva la macchina perché era troppo figa (non più guidabile per strada). Io l’ho dovuta rialzare perché altrimenti mi si incagliava sui rulli per la revisione e mia moglie si rifiutava di salirci (il chirurgo per rifare le tette costa e la macchina assettata le disfa!!! 🙂 ).
Però mi viene un dubbio. Se la rigidezza del telaio è un bene in senso assoluto, perché la HRC ci ha messo 3 anni per trovare il giusto compromesso dopo aver penato 3 anni coi i fazzoletti di rinforzo in fibra incollati sulle moto di Pedrosa e Dovizioso? La Honda non è capace di fare una maxi Bultaco con la rigidezza del telaio di una F1 e il peso di una scatola di cerini, se vuole?
Quanto alla Ducati, è vero che non ha mai sofferto di chattering però in quanto a pompaggio non si può dire che non ne avesse. Mi ricordo le frasi estasiate degli ammiratori di Stoner che ne elogiavano le qualità in quanto teneva testa con una moto imbizzarrita alle Yamaha di Valentino e Lorenzo che erano “fermissime”. Ho letto un sacco di ipotesi su posizione pignone: tiro catena, erogazione motore o/e controlli elettronici che avevano influenza su questi aspetti.
La moto imbizzarrita sulla quale Stoner faceva miracoli era quella con cui vinse il titolo, ma aveva il traliccio. Proprio per rispondere alla sua richiesta di maggior rigidità l’ingegner Preziosi inventò la moto in carbonio, e da subito anche le piste più ondulate – le stesse che facevano pompare la vecchia GP7 – parevano riasfaltate a nuovo.
Per il resto, cerchiamo di non confondere le cose: tu non hai reso il telaio più rigido, hai reso le sospensioni più dure e più frenate. Col risultato che, invece di assorbire le asperità, “spostavano” brutalmente il telaio, il sedile e il pilota che ci stava sopra. Qui non stiamo parlando di indurire le sospensioni ma di irrigidire il telaio. Se tu vedessi come si fa l’assetto di una moto da corsa probabilmente ti stupiresti per la velocità di ritorno degli ammortizzatori, al limite del rimbalzo. Frenarli nella convinzione di limitare i trasferimenti di carico è solo un errore: nelle auto, sempre che l’asfalto sia liscio come un biliardo, si usa frenarne l’affondamento unicamente per rendere la vettura più reattiva all’inserimento. Ma ricorda che, per quanto lenta all’ingresso, la vecchia Due Cavalli teneva quanto e più della Mini Minor. Cambia la reattività, non la tenuta.
ecco, per il pompaggio mi sa che e’ fondamentale l’allineamento catena-fulcro del forcellone ma potrebbe chiarire Federico.
quindi una sospensione piu’ rigida (per cui con una corsa piu’ corta) cambia la velocita’ di trasferimento di carico che diventa maggiore, il tempo di trasferimento minore e la difficolta’ di guida aumenta, corretto?
Non cambia la velocità di trasferimento dei carichi, la quale dipende solo dalle accelerazioni e decelerazioni in gioco. Quella che cambia è la velocità con cui il mezzo trova un assetto stabile nelle nuove condizioni.
In altre parole, non acceleri il trasferimento ma solo la reazione del tuo mezzo al trasferimento stesso.
ecco sul fatto che il telaio troppo rigido sia un difetto (oltre alla questione “sospensioni piegate”)anch’io penso come peraps che sia più difficile da guidare, e oltre ai suoi motivi ne aggiungo un’altro. è vero come dici te, federico, che un telaio rigido obbliga a far lavorare le sospensioni ma più esse sono scarse e più un telaio rigido le mette in crisi (penso che anche le sospensioni da gp non siano perfette, e a quei livelli anche un piccolissimo vantaggio conta).
in più, riflettendo meglio sulla questione delle “sospensioni piegate” è vero comi dici te che fanno il loro lavoro comunque ma se quando la moto è verticale a 1 cm di dosso corrisponde 1 cm di escursione a 60 gradi invece a 1 cm di dosso corrisponde un’escursione di 3 cm della forcella, rendendola all’atto pratico rigidissima (e almeno su questo non ci piove che sia uno svantaggio 😉 )
che significa in termini tecnici:
“non acceleri il trasferimento ma solo la reazione del tuo mezzo al trasferimento stesso.” ?
Bravissimo: il dosso diventa molto più alto. Di conseguenza la sospensione deve essere veloce, al contrario di quanto fanno certi piloti della domenica che chiudono tutti i click della compressione. Lì però sorge un nuovo problema: la forcella che in frenata va giù troppo in fretta, specialmente sulle moto con centraggio arretrato. Ed ecco dove sta il difficile: trovare la quadra tra opposte esigenze è il compito principale del capotecnico. Quello del progettista è invece inventare qualche accrocco che risolva almeno in via parziale qualche problema. Ma qui resterò muto anche sotto tortura 😛
Jo, significa che la tua fase di transizione tra i due assetti (quello prima dell’inserimento e quello in piena curva) durerà di meno, in metri di pista.
Il telaio rigido impone precisione nella ricerca del setting. E’ più difficile da tarare, non da guidare: non confondiamo un telaio rigido con la rigidità delle sospensioni, son cose molto diverse.
“significa che la tua fase di transizione tra i due assetti (quello prima dell’inserimento e quello in piena curva) durerà di meno, in metri di pista.”
meno metri = meno tempo = maggiore velocita’ di trasferimento
intendevo proprio questo. 🙂
cmq l’equilibrio nella sospensione e’ dato dalla simbiosi gomma-sospensione meccanica, la gomma lavora ad alte frequenze e corse brevi, la sospensione prevalentemente per medio/basse frequenze e corse medio/lunghe.
la frequenza massima della sospensione dovrebbe essere intorno agli 8-9 Hz, dico bene Federico? l’avevo ricavata da un video del chattering sulla sospensione posteriore della honda… grosso modo dovrebbe essere attorno a questi valori (anche se Aseb una volta ha parlato di 17Hz ???). la gomma lavora per frequenze sopra gli 8-9 Hz e la sospensione meccanica per frequenze inferiori.
quindi i dossi millimetrici (di solito per via della loro forma conseguentemente corti) li assorbe la gomma e i dossi centimetrici (di solito conseguentemente lunghi) la sospensione meccanica.
il conseguentemente lunghi/corti a parita’ di velocita’ significa una frequenza di vibrazione bassa/alta.
dosso lungo = si assorbe con una frequenza bassa
dosso corto = con una alta
siccome piu’ vai veloce e piu’ le frequenze si alzano, la gomma viene ad influire sempre piu’ e la sospensione meccanica sempre meno. per questo la gomma e’ cosi’ importante… nel cross dove le velocita’ sono basse la sospensione meccanica prevale sulla componente gomma (anche per via dei dossi “decimetrici 🙂
azz…. ho messo il commento nr. 46 ….. 🙁 sono stato poco attento. 😀
Federico …scrisse: “Quello del progettista è invece inventare qualche accrocco che risolva almeno in via parziale qualche problema. Ma qui resterò muto anche sotto tortura 😛 ”
So che cosa hai in testa ma prometto sto zitto anch’io sotto tortura .. 😀 😀 😀
Ecco, bravo. Omertà. 😀
dai Aseb, dai un indizio celato solo per gli iniziati come fanno i massoni…
No, Jo. Velocità di trasferimento:identica. Velocità di adeguamento al nuovo assetto: maggiore. Immagina di avere una bilancia a molla che indica il tuo peso: il trasferimento di peso dal pavimento alla bilancia dura sempre un attimo, quando ci sali. A cambiare, con un ammortizzatore a olio, sarà l’adeguamento della bilancia: la quale, pur sopportando da subito l’identico peso, ci mette un po’ di tempo a “scendere”. Ma nel frattempo evita l’oscillazione, trovando la sua posizione di equilibrio stabile in un tempo diverso. Se la freni troppo, ci metterà troppo. Ma se la freni poco, la sua oscillazione durerà troppo. Il minor tempo sarà quello in cui l’ammortizzatore è nella posizione più veloce possibile compatibilmente con lo smorzamento dell’oscillazione. Non cambia la velocità del trasferimento del tuo peso dal pavimento alla bilancia, ma cambia la rapidità di risposta in assetto stabile.
Giustissima invece l’osservazione sulle velocità delle sollecitazioni e sullo strumento che, a seconda della velocità, sarà deputato ad assorbirle. Solo che la trattazione è molto impegnativa e non penso sia il caso di trattarla. Però hai centrato uno dei problemi fondamentali dell’assetto 😉
JO non sei stato poco attento é che non lo sai ma dentro dentro ci pensi sempre …
JO ma nemmeno se vai a ginocchioni da Bali a Tavullia e ritorno io parlo.
“Lì però sorge un nuovo problema: la forcella che in frenata va giù troppo in fretta, specialmente sulle moto con centraggio arretrato.”
huuuummmmm, ci vorrebbe un “aumentatore” intelligente di freno idraulico che si accorge che si sta tirando il filo del freno 🙂 . ma forse e’ vietato, non lo so.
jO io ce l’ho sul VFR: roba vecchia di 30 anni: l’anti dive. Solo che ha già spiegato Federico con quei meccanismi lì, o lavora bene l’anti affondamento o la sospensione. Sono mutuamente esclusivi.
Per il mistero, si parla di un nuovo articolo in merito che dovrà uscire o di qualche soluzione tecnica innovativa in fase di brevetto per cui non può essere divulgata pena la validità dello stesso?
MWINANI il secondo caso: soluzione innovativa.
Per il discorso rigidità ammetto di avere fatto un po’ un minestrone. Volevo solo dare un’idea di cosa può significare irrigidire un corpo rispetto ad un altro non certo fare una trattazione sull’argomento. D’altronde chi prepara professionalmente le auto irrigidisce tutto rispetto alla serie: dalle gomme, alle sospensioni (ammortizzatori e bracci), ai vari supporti e attacchi vari per finire col telaio irrobustendo longheroni e scatolati vari e inserendo i rollbar oltre alle barre duomi. Delle prove interessanti che ciascuno di noi può fare a questo proposito sono quelle con le diverse pressioni di gonfiaggio dei pneumatici. Se questi sono parecchio sgonfi assorbono loro la maggioranza delle asperità dell’asfalto, le sospensioni lavorano poco. Se la pressione è quella corretta c’è una simbiosi tra le due mentre se le gomme vengono gonfiate a pressioni “drift” lavorano solo le sospensioni o quasi. Ovviamente se il telaio è rigido non partecipa al lavoro ammortizzante.
Aseb. Ok, allora tengo la bocca chiusa pure io. Dietro lauta ricompensa come percentuale sugli utili eh!!! 🙂
Jo, quando Federico dice che le sospensioni non hanno influenza (o quasi) sui trasferimenti di carico dice una cosa che secondo me è lampante se la vedi così:
il cambio di assetto (ovvero l’abbassarsi dell’anteriore e l’alzarsi dell’anteriore) è una conseguenza del trasferimento di carico non la causa. Cioè la moto si abbassa davanti e si alza dietro perché i carichi sono cambiati. E il contributo alla variazione di carico dovuta alla variazione di assetto è di uno se non due ordini di grandezza inferiore rispetto a quelli dovuti alla frenata o all’accelerazione, quindi trascurabile in prima analisi.
mwinani
allora sgonfiamo un po’ le gomme e ci mettiamo un frigorifero a raffreddarle perche’ si scaldano di piu’. ci vuole un frigorifero leggero, guardo su alibaba.com se lo trovo.
Io come primo lavoro ho fatto una bozza di puntone della sospensione posteriore a lunghezza variabile in funzione della pressione dell’olio nei tubi dei freni anteriori. E’ una cosa che ha a che fare con questo 🙂 Scommetto che con le tecnologie moderne sarebbe più facile da fare 🙂
Veramente il primo primo lavoro era tagliare il pane in un ristorante che faceva parecchi ricevimenti, diciamo come secondo lavoro 🙂
Ahah Jo. Alibabà ne sa sempre una più del diavolo! 🙂
mwinani
quindi dici che il trasferimento di carico avviene in un tempo compreso tra 1/10 e 1/100 di quanto la forcella ci mette ad affondare completamente?
io non ho dati ma sono d’accordo che avviene molto prima del completo affondamento.
Jo, lo ripeto: il completo affondamento avviene perché tutto il carico è trasferito da un po’. In ogni campo le forze sono istantanee, le deformazioni hanno i loro tempi legati alla natura del corpo o del mezzo attraverso il quale si propagano.
La forcella ha una sua velocità di compressione. Se tu tieni la moto sollevata da terra e gli applichi una forza sotto la ruota posteriore, la forza è istantanea la deformazione=variazione di assetto no.
Il tempo che ci mette la forza frenante a passare da zero al valore predefinito (nel cervello del pilota). Credo centesimi di secondo.
Una cosa che rende molto l’idea è quella di giocare con degli smorzatori idraulici. Ne ho fatto realizzare qualcuno in passato con delle molle a gas senza gas in pressione all’interno ma anche col gas la cosa è percepibile. Quando apri il portello della macchina le due molle a gas lavorano subito applicando tutta la forza che le caratterizza e che dipende quasi esclusivamente dalla pressione del gas e poco dall’escursione, però il portello si apre lentamente perché c’è il freno idraulico che ne trattiene l’estensione e la cui entità è grossomodo proporzionale alla velocità di escursione
Rileggendo la tua domanda mi viene da precisare un’altra cosa.
Se dico che il trasferimento di carico derivante dalla variazione di assetto è 1/10 o 1/100 (a orecchio) di quello derivante falla frenata intendo che:
la moto ha un assetto. Ammettiamo che le due ruote abbiano 100 mm utili di escursione. Col pilota a bordo ammettiamo che ne restino 80 sia davanti che dietro. In frenata diciamo che la sospensione anteriore arrivi ad affondare fino a lasciare 20 mm di escursione ancora sfruttabile per assorbire un dossetto o una buchetta mentre la sospensione posteriore si estende tutta. In questa situazione si verifica l’equilibrio tra la forza d’inerzia applicata nel baricentro moto+pilota (pari alla componente orizzontale della reazione vincolare esercitata dall’asfalto sulla ruota anteriore) e il peso di moto più pilota, sempre applicato nel baricentro. Considerando che la ruota posteriore galleggia e facendo due conti una volta note le misure deibaricenti e la geometria della moto si arriverà a stabilire che sulla ruota anteriore gravano 3-400 kg e sulla posteriore, come già detto 0 (siamo al limite del ribaltamento=massima frenatura applicabile). Se invece consideriamo la variazione geometrica dell’assetto abbiamo che abbassando l’anteriore di una moto di 6 cm e alzando il posteriore di 2 cm il carico che si trasferisce geometricamente sarà di 2-3-4 kg. Ovvero pochi punti percentuali del totale. Questo è quello che intendo per trasferimento dinamico dei carichi e per effetto dell’assetto sul trasferimento di carico. Spero di essermi capito ….
Ops la frenatura idraulica è grossomodo proporzionale al quadrato della velocità di escursione.
Se il baricentro è molto arretrato questo determinerà un superiore trasferimento nell’istante in cui la componente tra gravità e frenata si porta con la sua intercetta a terra più avanti del contatto anteriore, se invece il baricentro è avanzato questo comporta una riduzione sul trasferimento con possibilità di frenare ulteriormente senza per questo ribaltare. In sostanza, il baricentro avanzato favorisce la profondità di frenata in quanto si abbassa sotto freno, quello arretrato ha una fase centrale della frenata più profonda ma crea un punto di instabilità nella curva dell’assetto. Queste cose il pilota non le sa spiegare, ma le avverte. per ovviare a ciò, la moto arretrata deve stare più bassa, ma l’inizio della staccata è più precario. Insomma, la moto arretrata richiede maggior perizia in quelle fasi. E molti piloti infatti se ne lamentano. Diciamo che non sono moto adatte ai duelli. Ma stiamo esulando dalla questione della rigidità del telaio e stiamo nuovamente discutendo di centraggi e setting.
Quindi in sintesi Federico tu dici che nel piano della ruota il telaio deve essere infinitamente rigido (coi limiti di materiali, peso e spazio imposti da una moto da corsa) e il lavoro di smorzare i picchi di sollecitazione lo devono fare le sospensioni e le gomme, trovando il miglior accordo tra le due. I picchi,sia positivi, sia negativi, di sollecitazione vanno smorzati per evitare perdite di carico sulle ruote e di conseguenza perdite di aderenza. Per le sollecitazioni laterali lo stesso: telai rigidissimi, sospensioni il più rigide possibile (in questo caso alla flessione, non all’escursione), e l’unico smorzamento possibile è quello delle gomme. Ogni flessione del telaio comporta effetti negativi sulla dinamica (oscillazioni) e nessun beneficio sull’aderenza sotto forma di miglior stabilità dei carichi in curva in presenza di asperità, quindi grip e tenuta migliore. La rigidità del telaio non aumenta la tendenza a rimbalzare “lateralmente” quando la moto è tutta stesa anzi diminuisce l’ampiezza delle oscillazioni quindi aumenta la tenuta.
Proprio così.
E non potevi dirlo subito? 🙂
Ho ancora qualche dubbio nel senso che penso che a volte sia preferibile avere qualche oscillazione piuttosto che contraccolpi secchi, però bisogna vedere dove sta il punto di miglior equilibrio e chi riesce a trarne il miglior giovamento. Anche il fattore umano a volte conta un po’ (ancora).
Non si può creare anche un telaio a flessibilità regolabile per provare vantaggi e svantaggi (se ve ne sono) nei diversi settori della pista e coi vari piloti. Per me è più facile che creare strani accrocchi per la forcella 😉
se disegnata bene anche la carenatura puo’ fare parte del telaio, anche se adesso non e’ cosi’.
Io in principio ero stato anche più sintetico: il telaio flessibile è una baggianata. Poi qualcuno ha chiesto il perchè…