Approfittiamo della pausa estiva per ripassare alcuni elementi di cinematica e di dinamica che entrano pesantemente in gioco nella guida di una motocicletta.
Consideriamo una moto che viaggia a velocità costante, supponiamo 100 km/h, lungo un rettilineo: qualunque punto della motocicletta, qualunque particolare e qualunque accessorio si muoveranno alla stessa velocità. Manubrio, sospensioni, sella, tutto. Anche il baricentro.
Cosa succede quando la stessa motocicletta affronta una curva? Supponiamo di farla viaggiare secondo una traiettoria circolare, in tondo. Il manubrio completerà un giro completo, poniamo, in tre secondi. Anche la sella ci mette tre secondi, e anche le ruote. Diciamo che ogni particolare della nostra motocicletta compie 360 gradi in tre secondi, ok? C’è una cosa importante da notare però: mentre in rettilineo le traiettorie di ogni punto della moto erano delle rette parallele, tutte di uguale lunghezza, ora invece le traiettorie sono cerchi concentrici. Prendiamo le leve al manubrio: quella interna, nel percorrere il giro completo, seguirà una traiettoria circolare di raggio più stretto rispetto alla leva esterna che invece segue un cerchio di raggio maggiore.
Entrambe però fanno un giro completo nello stesso tempo totale, quindi, dovendo compiere nel medesimo tempo due traiettorie di diversa lunghezza, avranno diversa velocità. La leva esterna viaggia più veloce di quella interna. Con lo stesso ragionamento, le ruote – più esterne rispetto al baricentro – sono obbligate a correre più veloci del mio baricentro. In rettilineo invece viaggiavano alla stessa velocità.
Chiaro fin qui? Adesso diamo un’occhiata dall’alto: vedremo il cerchio più grande, costituito dalla traiettoria percorsa dalle ruote, e vedremo quello più piccolo costituito dal cerchio percorso dal baricentro.
Lunghezze diverse con tempi totali uguali, ovvero diversa velocità. In sostanza, ferma restando la velocità del baricentro di 100 km/h, appena si entra in piega il motore sale di giri e le ruote accelerano portandosi, supponiamo, a 110 km/h. Il pilota, che segue un cerchio ancora più stretto, passerà a 90 km/h: e nel rallentamento avvertirà la decelerazione sulle sue braccia e la scaricherà sul manubrio, andando a caricare dinamicamente la ruota anteriore in ingresso di curva.
Concentriamoci però sul baricentro della moto: sempre guardando “dall’alto” notiamo che la spinta della ruota agisce sul cerchio più esterno, mentre il baricentro segue il cerchio interno. Questo significa che quando andremo a riaprire a filo, guidando “in percorrenza”, la linea di azione della nostra forza motrice non sarà allineata al baricentro che si oppone all’accelerazione, ma esisterà tra loro un disallineamento che noi chiamiamo “sbraccio”, o in modo più fisicamente corretto, “braccio”. La combinazione tra una forza e un braccio, nel nostro caso la forza motrice che agisce fuori allineamento rispetto al baricentro, genera un “momento meccanico” che tende a far ruotare la motocicletta nello stesso verso della curva. E’ evidente che questo “momento meccanico” dipende sia da quanto stiamo accelerando (la forza motrice) che dalla lunghezza del braccio.
E dato che, qualunque moto stiamo considerando, più o meno la forza motrice è uguale (apriamo giusto un filo per tenerla in tiro, siamo in percorrenza), a fare la differenza sarà appunto il braccio. Che dipende dalla differenza tra il cerchio delle ruote e quello del baricentro. Cioè, alla fine, dall’altezza del baricentro.
Col baricentro alto avrò una differenza maggiore tra i due cerchi, il braccio sarà maggiore, il momento meccanico della mia forza motrice sarà superiore e la moto tenderà con più forza a ruotare nel verso della curva. Col baricentro basso, al contrario, ci sarà poca differenza tra il cerchio percorso dalle ruote e quello percorso dal baricentro, e il braccio col quale la forza motrice agisce sul baricentro sarà minore. Di conseguenza, quando accelero, la moto non tenderà a ruotare secondo la curva, o comunque lo farà in modo insufficiente. Ne risultano quindi due comportamenti molto differenti a seconda dell’altezza del baricentro della mia moto.
Nel caso di un baricentro alto potremo accelerare e la moto, nonostante aumenti la sua velocità, non tende a partire per la tangente ma anzi asseconda l’accelerazione ruotando e seguendo la traiettoria prevista senza sforzo, aiutandomi ad accentuare la piega in accordo con la mia velocità crescente.
Nel caso di un baricentro basso, appena acceleriamo la moto aumenta la velocità: ma il momento meccanico, a causa di un braccio insufficiente, è troppo debole per aiutarmi a piegare la moto man mano che accelera. Quindi mi obbligherà a sporgermi di più, o comunque a lavorare di forza per mantenere la traiettoria originale.
La maneggevolezza, in una parola, me la posso scordare: la moto tira all’esterno, e il solo modo che mi resta è sporgermi all’interno in modo che il baricentro del mio corpo, su un cerchio ancora più interno, generi un braccio sufficiente a compensare lo scarso braccio del baricentro della mia moto. Così, in uscita di curva, avrò pure con una moto bassa il “momento giusto” per poter accelerare.
La ricerca di quale sia il “momento giusto” è uno dei primi compiti di un progettista perché da tale scelta deriva parte della neutralità nel comportamento della sua moto: un momento troppo alto mi impedisce di accelerare, uno troppo basso mi impedisce di curvare. Quello corretto invece consente una manovra che talvolta capita di vedere: un pilota in uscita di curva, ancora non verticale, con la ruota anteriore sollevata di pochi centimetri, in leggero controsterzo “a mezz’aria”, con la moto che nonostante l’avantreno sollevato continua a fare l’ultima parte della curva invece che partire dritta per la tangente. Se la ruota anteriore non tocca terra, secondo voi chi la sta facendo continuare a curvare? Ecco, quello è il “momento giusto”: con la moto così neutra che l’accelerazione, il momento meccanico e la forza centrifuga sono perfettamente in equilibrio tra loro. Approfondiremo in seguito come i diversi stili dei piloti siano in sostanza complementari alle caratteristiche della moto che guidano.
Grazie Federico!
Ottimo come sempre
Buona giornata a tutti
WOW peccato ci abbia capito gran poco, ma come al solito Federico sei una risorsa.
Il prossimo pezzo riporterà qualche foto esemplificativa. Consiglio a tutti di leggere molto bene questi pezzi che a prima vista possono apparire semplicistici o astratti. Invece sono esattamente il criterio di base per una corretta ciclistica. Non voglio fare esempi, ma in troppi – anche tra i giganti del settore – se lo dimenticano.
aspettiamo il nuovo pezzo allora ci si ricollega a piloti e stili di guida…ci avevate azzeccato gia nel 2012 …
Preziosi, lo so che non tutto ti è chiaro, ma rimedieremo. D’altra parte, lo fosse stato non avresti chiamato Furusawa 😉
Federico, sempre interessantissimi i tuoi post tecnici, delle vere perle accessibili più o meno a tutti.
Mi è giusto venuto un dubbio: per alzare il centro di massa si è anche costretti ad avanzarlo?
Ti faccio faccio una breve analisi per farti capire come mi è venuto questo dubbio:
La yamaha è quella col baricentro più alto, così il braccio lungo consente un ottima percorrenza, ma per tenerlo così alto hanno dovuto anche avanzarlo perdendo un pò in accelerazione.
La honda ha un baricentro un pochino più basso quindi braccio più corto e percorrenza inferiore, ma così facendo hanno potuto spostarlo leggermente più indietro migliorando l’accelerazione, e recuperano parte del gap in percorrenza con il drift che è più controllabile proprio in virtù del baricentro più arretrato.
La ducati ha un baricentro basso e arretrato, quindi leva scarsissima e moto che non curva ma ha un grip micidiale…
Esatto Endrikiuro, il problema sta tutto lì. La M1 può tenerlo alto perchè i tre alberi pesanti sono più avanzati grazie al motore in linea, Honda e soprattutto Ducati li hanno più arretrati e di conseguenza son costretti ad abbassarli pena il sottosterzo in accelerazione. Ma se avessero capito bene come funziona una ciclistica, e mi riferisco a quanto spiegato in questo articolo circa il momento meccanico, capirebbero che non risolvono del tutto il problema dell’accelerazione. Possono arretrare la ruota e approfittare per alzare un filo il baricentro, e il sottosterzo in uscita – sempre presente – calerebbe un filo: ma poi si scontrano fatalmente col sottosterzo in ingresso, e questo però lo vedremo nei prossimi pezzi. Comunque bravo, hai capito cosa volevo dire. Non è semplice, sai: tante volte ho il dubbio di non riuscire a spiegarmi facilmente. E d’altra parte, parlare di vettori senza neppure nominarli non è impresa semplice 🙂
Grazie Federico, lo ho riletto, impegnato mi sono impegnato, adesso attendo anche gli altri articoli 😉
Leggere questo articolo dopo aver “lottato” con la moto sul curvone di Misano proprio ieri per la prima volta mi fa brillare gli occhi! ..Tutti questi articoli tecnici meriterebbero di essere apprezzati nella pratica oltre che nella teoria ma per questo servono “badilate di gas” prima 🙂
salve a tutti ma in base a cosa si decide se avere una moto col baricentro alto forte in percorrenza e inserimento o baricentro basso forte in accelerazione ?
In base alle gomme 🙁
quindi per curvare forte bisognerebbe:
in entrata (ancora in decelerazione) di curva frenare il baricentro della moto anziche’ le ruote (si puo’ fare solo per mezzo della aerodinamica soprattutto del pilota, la gamba fuori, busto alto (Lorenzo).
in uscita (accelerazione) come ora accelerando le ruote e spostando il baricentro quanto piu possibile verso il centro curva lontano dal contatto ruota col terreno, quindi il pilota dovrebbe alzarsi? poi riabbassarsi per contrastare l’impennata (mi sembra che Stoner lo facesse, ma anche Marquez e Pedrosa).
Nel cross infatti il pilota si solleva sulle pedane e la moto gira attorno al baricentro del pilota nè più nè meno come una BMX in acrobazia. Nella MotoGP il pilota non deve alzarsi quanto piuttosto sporgersi all’interno, a costo di strisciare la spalla sul cordolo. Se le gomme fossero state appena più decenti la povera D16 sarebbe stata imprendibile, ma a guidarla in quel modo finora è stato capace un solo pilota. Oggi forse Marquez, domani potrebbe essere Redding. Non il Dovi e non Iannone, ma già lo dicevamo in tempi non sospetti. Spies, direttamente dal campionato AMA, poteva dire la sua: purtroppo è andata così, e quasi un anno di inattività sarà inevitabilmente pesante. Vabbè, l’importante è capire come deve funzionare una ciclistica e su quali basi va progettata. Peggio che non aver capito, per un progettista, c’è solo copiare senza aver capito.
ho sempre sta cosa in testa di trovare un sistema che funzioni come la derapata ma piu’ facile da controllare.
secondo te se la ruota posteriore sterzasse (leggerissimamente of course) si avrebbe lo stesso risultato della derapata controllata?
anche a me era sempre piaciuta l’idea di un posteriore sterzante. Il problema che non sono mai riuscito a risolvere è come far addrizzare gradualmente il posteriore in uscita di curva, perchè di suo continuerebbe a curvare (e lo farebbe in qualunque situazione, anche in rettilineo o in presenza di asperità, rendendo la moto di fatto inguidabile). servirebbe un sistema idraulico tipo servo sterzo, ma poi questo aggiunge peso, toglie cavalli e dovrebbe comunque essere gestito dal pilota…
Mi sa che fanno prima stoner e marquez, quelli hanno un elettronica che usano poco o niente, tu immagina se gli proponi una roba del genere dove ci mandano 🙂
Il regolamento è chiaro: due ruote in linea, di cui solo una sterzante.
noto che il mozzo posteriore della ruota della honda e’ parecchio grande, ha un diametro paragonabile a quello della corona, c’e’ un motivo?
Jo in realtà penso che sia la corona ad essere molto piccola, sia per una questione di rapporti sia per una questione di momento di inerzia che dipende sia dalla massa che dal raggio della corona… maggiore è il momento di inerzia più energia è necessaria per accelerare la rotazione e quindi perdi cavalli.
O forse mi sto solo facendo troppe seghe mentali ed è solo piccola per una questione di rapporti.
mi sembra che il mozzo sia grande rispetto al cerchio…
Dalle foto che ci sono qui poi si vede che in fondo non è più grande di uno normale
http://racingcafe.blogspot.it/2013/01/honda-rc-213v-team-repsol-honda-2013.html
ottimo articolo e anche molto chiaro! (come al solito 🙂 )
ci sono solo due cose che non mi sono molto chiare: 1 come faccio a curvare in discesa a moto spenta se, a meno che non abbia capito male, dipende dal momento dovuto alla forza motrice? oppure se io vado a in curva a gas chiuso o ancora meglio frenando con il posteriore non dovrebbe avere un momento opposto e quindi curvare in senso contrario alla curva in teoria?
2 dopo aver letto l’articolo “da dove nasce il sottosterzo” non mi torna la parte in cui dice “…la forza centrifuga D non rimane costante – come accade per F nel momento di trazione –”.
mi spiego meglio: la forza di trazione in una moto con baricentro basso e arretrato non può essere maggiore in virtù di un maggior carico statico?
Due osservazioni: in discesa a moto spenta la forza centripeta è di intera competenza della ruota anteriore. In altre parole: non esiste forza motrice che ti alleggerisce l’anteriore (e che, se la moto è neutra, ti fornisce col suo momento la forza centripeta che sta levando alla ruota anteriore).
Col baricentro basso la forza può certamente essere maggiore, ma questo comporta un alleggerimento dell’anteriore – con perdita di carico verticale e di grip – NON compensato da adeguato momento di trazione. In sostanza, comunque tu acceleri, il tuo momento di trazione crescerà meno del grip che vai a perdere sull’avantreno, e la moto allarga. Quando poi acceleri tanto da staccare l’avantreno, allora parti per la tangente (anzi, ci parti un po’ prima: quando il carico verticale anteriore è abbastanza ridotto – pur non essendo ancora a zero – ma già il momento di trazione è insufficiente a tenerti dentro).
Spero di essermi capito 🙂
Più stringato: col baricentro basso alleggerisci più velocemente di quanto cresca il tuo momento di trazione.
E il solo modo di far crescere il momento di trazione senza aumentare la forza (che comporterebbe una ulteriore perdita di carico verticale all’avantreno) è lavorare sul braccio sporgendosi di più. Ecco. 😀
ah già che stupido neanche ci avevo pensato alla ruota anteriore! però, essendo la forza che esercita di reazione, il momento angolare dovrebbe essere nullo e quindi, da quanto ho capito dalle tue spiegazioni, dovrebbe andare dritta..
almeno quella trazione l’ho capita però 😀
grazie delle risposte, chiare e anche istantanee 😉
Allora: la ruota anteriore nel percorrere la curva è sterzata quel tanto che occorre per garantire una forza centripeta che, in combinazione col suo braccio rappresentato dal passo della moto, genera quel momento necessario perchè la moto ruoti secondo la curva. E qui stai toccando un altro dei fattori del sottosterzo: oltre alla forza centrifuga, la ruota anteriore è quella che si incarica di generare il momento appena descritto. La sua efficienza dipende geometricamente dalla tangente dell’angolo di sterzata, e in definitiva cala col passo della moto. Il che significa che il passo, oltre ad altre considerazioni che saranno presto oggetto di approfondimento, è fondamentale nella ricerca della migliore efficacia delle forze trasversali agenti sulla ruota anteriore: maggiore è il passo, minore sarà l’efficacia. E quindi, a passo maggiore corrisponde un carico laterale più elevato per ottenere il momento necessario. Insomma, mi manda in deriva la gomma anteriore.
E qui però son sicuro di non essermi capito, vero? 🙁
ora capisco perché per entrare in curva con la mia diavel devo mettere quasi tutto il corpo fuori e lottare, ma in uscita posso spalancare… grazie per l’articolo!!!