Debriefing Sepang: mappa 8 e strategie Honda

Le mille polemiche sulla ormai famosa Mappa 8 hanno tenuto banco dividendo appassionati ed esperti già dieci minuti dopo il traguardo, e questo ha indubbiamente messo in ombra altre e ben più concrete strategie che a mio personale avviso hanno caratterizzato la gara della Malesia.

Tanto concrete e ben congegnate che a tutti il risultato è apparso perfino scontato. Ha vinto la Ducati: primo Dovizioso e secondo Lorenzo. “Certo, Sepang è una pista Ducati”, ho sentito praticamente ovunque. “Qui ha vinto altre volte”, rincarano altri dimostrando un qualunquismo spaventoso. Allora lo diciamo subito: le piste non discriminano la marca o il colore delle carene, le piste semmai privilegiano questa o quella soluzione, questa o quella moto in funzione delle scelte progettuali di base di ciascuna, cui corrispondono i relativi punti di forza o di debolezza. E allora vediamola meglio, questa pista.

Il tracciato prevede due lunghissimi rettilinei con partenza quasi da fermi, quattro frenate impegnative ma tutte a moto perfettamente dritta, nessuna inversione di piega realmente preoccupante, poche percorrenze tipo Correntaio o Bucine. Di conseguenza saranno favorite le moto con maggiore motricità e con la frenata profonda più potente, cioè quelle col centraggio arretrato.

In passato questa configurazione era tipica della Ducati, ma questo non ha nulla a che vedere con una preferenza di marchio: e infatti, oggi che ad avere il centraggio più arretrato è la Honda, ecco che Pedrosa – secondo pilota, non dimentichiamolo – fa la pole position. Evidentemente la situazione si amplifica in caso di pioggia, condizione nella quale la prevalenza diviene ancora più sostanziosa. La marca c’entra poco, contano le caratteristiche di progetto del mezzo col quale si sta correndo.

Ma l’obiettivo di Marquez, o forse è meglio dire della Honda, era quello di evitare qualsiasi guaio o contrasto – comprese anche e soprattutto le lotte all’ultima curva – mentre quello di Pedrosa era di non portare via punti al proprio compagno di team. E se in Ducati non avessero sbagliato il setting a Phillip Island, oggi in Malesia avremmo visto un’altra gara.

A proposito di Pedrosa, lascia basiti la sua affermazione “Alla fine abbiamo cambiato il setup, ne ho provato uno che non avevamo mai usato per cercare di ottenere un maggior grip sul posteriore, e ha funzionato! Il setup giusto e la scelta dello pneumatico posteriore morbido mi hanno dato fiducia. La sensazione ancora non era perfetta perché avevo spinning sui rettilinei, ma almeno mi ha dato il grip in curva e sono stato in grado di inclinare la moto. Abbiamo imparato qualcosa che credo possa essere utile per i tecnici nel futuro, quindi possiamo essere soddisfatti.”

Mi ha dato grip in curva? E da quando la Honda 2017 ha problemi di spinning in curva? Sinceramente io non ricordo alcun highside, mentre al contrario ricordo tanti sterzi chiusi in lowside. Se la Honda spinna in curva, al massimo ne esce un drift (chiedere a Marquez); ma più spesso l’eccesso di trazione porta a perdite di anteriore in ingresso o in uscita di curva (citofonare: Crutchlow).

Di sicuro non scalcia come una M1 2017, la sua struttura glielo impedisce. Il problema Honda, semmai, è togliere l’eccesso di grip posteriore su asfalto asciutto in modo da farla driftare apposta e chiudere le curve con la coda. Detto in altri termini: se Pedrosa avesse gravi problemi di motricità sul bagnato, allora tutte le altre marche con centraggio più avanzato farebbero meglio a restare chiuse dentro ai box. E invece abbiamo un Zarco che coraggiosamente arriva a podio. Davanti alle Honda. Sul bagnato. Con la M1 2017 di Rossi sotto la pioggia a un secondo e mezzo di distacco da Pedrosa sul traguardo. Suvvia…

Poi, chiariamolo, il management Honda ha fatto esattamente la cosa giusta (difficile beccarli in castagna sulle strategie, poco da dire) e io stesso, vista la classifica mondiale con sole due gare rimanenti, avrei imposto il seguente ordine: “prima cosa, non cadere. Seconda, non cadere. Terza, non cadere. Vai piano, fai passare gli scalmanati, so che potresti farcela ma io non voglio. Anzi, facciamo così: se fai podio ti dimezzo l’ingaggio, così è più chiaro? Non siamo qui perché tu vinca una gara, siamo qui per vincere il titolo mondiale.”

Con questo non voglio togliere nulla all’abilità di Dovizioso o di Lorenzo, son stati superbi e non potevano letteralmente far meglio di una doppietta; ma il confronto si è giocato sul piano tattico, non sul piano tecnico. E Sepang non è una pista Ducati “da sempre e per sempre”, è solo una pista dove se piove si vince (se lo si vuole) con le moto a centraggio arretrato. Contano le scelte tecniche, non i colori delle carene: quest’anno la Honda e Marquez potevano vincere, ma non l’hanno fatto pur avendone tutti i mezzi. Hanno scelto di assicurarsi il titolo mentre tutti discutevano solo della Mappa 8.

Per quanto riguarda il resto, abbiamo l’ulteriore conferma che la miglior moto di quest’anno è la stessa dell’anno scorso: la M1 – 2016. E la Suzuki, setting permettendo, è la più vicina come caratteristiche globali: se avessero ragionato tutto l’anno come spesso son riusciti a fare i tecnici Tech3 oggi probabilmente avrebbero qualche punto in più nella classifica iridata, ma questo discorso vale un po’ per tutti. Magari a campionato concluso raccoglieremo le diverse dichiarazioni che durante la stagione hanno mostrato come, ora in un team e ora nell’altro, non sempre la lucidità abbia guidato le scelte tecniche.

 

5 Comments
  1. Sembra assurdo ma è così…lasciamo stare che è gestita privatamente con un rookie sopra, ma il rookie è arrivato vicino agli ufficiali.

  2. la m1 2017 a Sepang nonostante la pista non proprio favorevole (mancanza di curve in percorrenza) sull’asciutto non era poi messa cosi’ male , sopratutto Rossi che a Sepang e’ sempre andato forte (e’ uno ” staccatore”) aveva sull’asciutto fatto 1 nelle fp3 , 4 nella q2, 3 nel wa.
    e’ che sta moto crolla letteralmente quando il grip cala , specie sul bagnato. mentre in condizione di grip il connubio pilota-m1 2017 normalmente e’ superiore a quello m12016-pilota

    la domanda e’ :con la m1 2017 non possono o non sanno ritornare “provvisoriamente” all’assetto 2016? possibile che abbiano spostato il motore e quindi il baricentro o i punti chiave a tal punto da non poterli piu’ ripristinare come la 2016? hanno mille regolazioni ed in fondo la struttura e’ sempre quella!!

  3. Buongiorno a tutti
    avrei bisogno di un chiarimento
    Anche questo debriefing mi spinge a ragionare sul “tiro catena” (lo so, è troppo semplicistico ma non so come altro definirlo) e sono andato a rileggere il debriefing di Aragon nella parte in cui si parlava dei molti parametri che vanno a determinare poi questo benedetto “tiro catena”

    1 la posizione relativa tra asse posteriore, pivot e pignone secondario
    2 le masse sospese posteriori
    3 lo sbraccio della linea di forza del forcellone rispetto al baricentro
    4 l’accentramento delle masse
    5 la molla posteriore
    6 l’idraulica posteriore
    7 la posizione del forcellone istante per istante
    8 la lunghezza del forcellone
    9 la progressività dei leveraggi del link

    è possibile assegnare un peso percentuale ad ognuno di questi parametri ?
    Cioè, se l’effetto finale sulla moto vale 100, quanto pesa percentualmente ognuno di essi ?

  4. La ripartizione dell’extragrip e del suo andamento tra i vari parametri è una faccenda troppo complessa per essere trattata in un post, ognuno di essi ha effetti precisi ma spesso pesantemente sovrapposti agli effetti di altri. Per dare un’idea sul totale del grip della motocicletta però posso tranquillamente affermare che parliamo di extracarichi dinamici da tiro catena che possono arrivare anche al 10/12% del carico statico.

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