Ci sono auto che diventano famose loro malgrado. Non c’è bisogno di scomodare i mostri sacri come Il Deltone, o la F40, ma ci sono auto più umili che fino alla ribalta della globalizzazione mediatica manco si conoscevano almeno che non eri un nerd incallito dell’auto. Nel bel mezzo degli anni Ottanta, l’epoca d’oro degli eccessi dell’automobile, gli italiani erano alle prese con il proprio narcisismo automobilistico da accorgersi a malapena della concorrenza incalzante di tedeschi, francesi ed europei, figuriamoci di improbabili automobili esotiche dagli occhi a mandorla.
Per far conoscere la bontà tecnica e prestazionale della Toyota AE86 Trueno, ci sono voluti titoli di videogame come Gran Turismo, trasmissioni diffuse in DVD, se le trovavi in edicola, come Best Motoring, non c’era ancora Youtube, per poi esplodere in Manga ed Anime a base di drift e tofu.
Una miscela tecnica vincente
Nel 1983 e solo fino al 1987, nei listini Toyota era presente una discreta coupè due volumi fastback, come le chiamano i britannici, derivata dalla tranquilla e familiare Toyota Corolla. Un’automobile che aveva come particolarità il motore longitudinale anteriore e la trazione posteriore. La sigla, che rappresentava anche il codice di telaio, rappresentava proprio una determinata variante della Corolla. “AE86”, infatti, è composta dalla lettera “A” in rappresentanza del motore 4A 1600cc quattro cilindri. Il numero 8 rappresenta la quinta generazione della Corolla E80 di cui viene ripreso solo in parte il codice. Lo zero veniva sostituito dal numero 6 che rappresentava la sesta variante di carrozzeria all’interno del progetto globale di Corolla. Una volta definita l’auto, vennero lanciate sul mercato due varianti con due nomi distinti Levin e Trueno.
Nonostante la passione per gli acromi degni del codice fiscale italiano, o sigle alfanumeriche arzigogolare ideate dai tecnici giapponesi, il settore commerciale ci metteva una pezza mandando la vettura nelle concessionarie con un nome definito. Un lavoro semplice se non fosse che la Toyota aveva due catene di dealer. C’era la rete Toyota Vista Store dove la AE86 fù venduta con il nome di Sprinter-Trueno ed i Toyota Corolla Store dove fu distribuita con il nome di Corolla Levin. Da notare il gioco di fantasia nell’usare due nomi che significano la stessa cosa. I due termini indicano la parola fulmine in inglese antico e spagnolo. Ma il pragmatismo degli appassionati giapponesi era superiore. Infatti, come si è potuto notare nella serie “Initial D” la vettura veniva chiamata con la semplice sigla “8-6” e non 86!
La regina del drift sulle colline Giapponesi
La domanda che ci si pone, è quanto il successo della AE86 sia dovuto al clamore mediatico e le prestazioni virtuali e quanto al suo effettivo valore tecnico. Ma soprattutto come era messa la concorrenza dell’epoca? Innanzitutto, va detto che la differenza tra la Trueno e la Levin non era solo nel nome. Infatti, dal punto di vista stilistico le due vetture si distinguono per gli immancabili e storici fari a scomparsa per la Sprinter-Trueno, mentre la Levin esportata anche in Europa ed in America aveva i fari tradizionali stile medio-man!
L’elemento tecnico che distinse la AE86 e che ne fece la sua fortuna, la trazione posteriore, fu anche il canto del cigno di questa disposizione meccanica. Le versioni coupè derivate dalla Corolla negli anni successivi avevano infatti una anonima trazione anteriore. Il motore longitudinale e la trazione sull’asse giusto, su una vettura a buon mercato, fece diventare la AE86 sinonimo della guida di traverso. Per tornare a questo concetto bisognerà attendere l’unione delle forze tra Toyota e Subaru per avere la ToyoBaru GT86/BRZ all’inizio del nuovo millennio.
Un icona per chi aveva pochi soldi ma tanta passione
Il motore scelto per la Trueno era un moderno, per gli standard dell’epoca, 4 cilindri con la sigla di progetto 4A-GE. Un propulsore che nel 1984 aveva già doppio albero a camme in testa con distribuzione a quattro valvole per cilindro. Fu uno dei primi motori, per questa fascia di prezzo, ad abbandonare la carburazione al posto dell’iniezione elettronica ed portava al debutto uno dei primi sistemi a fasatura variabile “T-VIS” (Toyota Variable Intake System). Una scelta tecnica notevole in un epoca dove si stentava a trovare spazio commerciale per i sistemi a fasatura variabile in Europa nonostante l’impegno dei progettisti di Alfa Romeo, Mercedes-Benz e Porsche. Un propulsore abbastanza valido da sopravvivere alla stessa AE86 venendo utilizzato anche per la MR2 (AW11).
La potenza erogata era, nella sua massima espressione, di 130cv e 150 Nm di coppia abbinato al cambio manuale a 5 rapporti. Nonostante la poca potenza, la trasmissione disponeva di un eccellente optional come il differenziale LSD, perfetto per la guida di traverso. L’impianto frenante era a disco autoventilati. Lo schema sospensivo era del tipo MacPherson all’anteriore, e una struttura a 4 bracci con molle elicoidali per il posteriore con barre stabilizzatrici su entrambi gli assali.
Tecnica all’avanguardia
A questo punto la domanda è d’obbligo. Nonostante la conclamata capacità tecnica della AE86, cosa poteva offrire la concorrenza europea, in particolar modo italiana? In effetti, la concorrenza non mancava, semmai è mancato la visibilità mediatica delle vetture che hanno fatto concorrenza alla coupè della Toyota
Basta pensare alla rivale interna più accreditata, la Nissan Silvia S12 che portava in dote la tecnologia Turbo unita ad un propulsore ci cilindrata maggiore oltre alla trazione posteriore. Ed in Europa? Beh considerando il mercato italiano, molto conservatore per l’epoca, la rivale più accreditata era l’Alfa Romeo Alfetta GTV 2.0 Bi-Albero a doppio carburatore. Un’auto che rappresentava il canto del cigno della serie Alfetta, ma che nonostante la sua veneranda età aveva delle basi progettuali talmente valide da poter lottare ad armi pari contro la freschezza progettuale della AE86.
La concorrenza era agguerrita
Gli automobilisti italiani, estremamente conservatori all’epoca, difficilmente avrebbero dato fiducia alla giapponese visto il poco divario prestazionale. Situazione simile ance nella vicina Francia. Renault, infatti, dava sfoggio della sua partecipazione in F1 utilizzando la tecnologia turbo sul suo coupè di fascia media la Renault Fuego Turbo, ma era anche la prima a mettere tanta potenza su una trazione anteriore. Ad oggi la francese non si è rivalutata, con quotazioni piuttosto basse sul mercato delle auto d’epoca.
La tabella sottostante consente di mettere a confronto le quattro auto dimostrando come per quanto un’ottima auto la AE86 aveva filo da torcere sia in casa che in Europa. La cassa di risonanza data negli anni a seguire non era lo specchio preciso di ciò che il mercato era in grado di offrire.
Difficile scardinare il cuore del pubblico italiano dell’epoca
Oltre ai freddi numeri prestazionali, va comunque considerato il carattere che le diverse auto avevano su strada. In quell’epoca le automobili non erano tutte uguali, e se la EA86 ha fatto la differenza è stato proprio nella facilità con cui consentiva, con poca spesa, di potersi divertire in modo più semplice ed efficiente nella guida al limite. Si può parlare di traverso a buon mercato, democraticamente disponibile per tutti!
Alfa Romeo GTV 2.0 130cv 80-84’ | Nissan Silvia 1.8 Turbo 84-88 | Renault Fuego Turbo 132cv 83-86 | Toyota Sprinter-Trueno AE86 1.6 130cv 84-87 |
1978cc 2 Carburatori | 1809cc Turbo | 1565cc Turbo | 1587cc Twin Cam 16v |
130cv @5400 giri/min | 145cv @6500 g/1’ | 132cv @5500 g/1’ | 130cv @ 6600 giri/min |
180Nm @4000 giri/min | 201Nm @4000g/1’ | 200Nm @ 3000 g/1’ | 149Nm a 5200 giri/min |
V.Max 197km/h | V. Max 200km/h | V.Max 200km/h | Vel Max 195km/h |
0-100km/h 9.1s | 0-100km/h 9,6s | 0-100km/h 9.9s | 0-100 8.9s |
1080kg | 1145kg | 1050kg | 910kg |
Peso/Potenza 9,1kg/cv | Peso/potenza 9,4kg/cv | Peso/Potenza 9,1kg/cv | Peso/potenza 7Kg/cv |
Quotazione 20.700 euro | Quotazione 14.500 eur | Quotazione 8.000 euro | Quotazione 23.000 euro |
Il clamore mediatico aumenta le valutazioni
Ad oggi chi volesse provare a trovare una Toyota AE86 Sprinter-Trueno, magari con fari a scomparsa come la protagonista dell’Anime Initial D deve prepararsi a sborsare una cifra in media di 23.000 euro, una valutazione già superiore anche se di poco ad un’icona del nostro motorismo proprio come l’Alfetta GTV 2.0. Una leggenda storica italiana messa in difficoltà ad un’icona mediatica.