Continua la nostra analisi tecnica della parte anteriore e, dopo aver spiegato cosa fisicamente succede ad una ruota quando si piega e si curva, iniziamo a parlare del rapporto tra ruota anteriore, giroscopio e avancorsa.
Vorrei che fosse chiaro un concetto di base: stabilizzazione giroscopica o stabilizzazione tramite giroscopio son due cose diverse. La prima è una stabilizzazione con la quale la reazione giroscopica si oppone direttamente allo squilibrio introdotto, la seconda è una stabilizzazione ottenuta tramite riallineamento del punto di contatto col centro di gravità “comandata” da un giroscopio. Un po’ come gli elicotterini giocattolo: un giroscopio comanda il perfetto equilibrio dei motori elettrici, ma in sé non è capace di opporsi allo squilibrio. Il primo caso, per capirci, è il treno monorotaia Brennan (1907) in cui due grossi, pesanti e veloci giroscopi interni fornivano la reazione dinamica necessaria all’equilibrio: e infatti stava dritto anche da fermo, purchè i giroscopi girassero.

Il secondo caso è la nostra motocicletta, in cui un debole giroscopio, neppure troppo veloce, si occupa di comandare la sterzata che riporterà il contatto sotto il baricentro. Da questo ne discende che il treno Brennan non ha difficoltà a stare in piedi sul ghiaccio mentre la nostra moto, non disponendo più del grip sufficiente alla ruota per riportarsi nella posizione corretta, cadrà pur avendo correttamente sterzato.
A questo punto il problema è la “taratura” del nostro “giroscopio di comando”. Quanta sterzata occorre? In quali tempi deve reagire il sistema di sterzo? E a quale velocità diventa efficace oppure, al contrario, diventa insufficiente o magari eccessivo? In pratica, quali parametri determinano le caratteristiche del mio sistema di sterzo? Ecco, io so che voi vorreste passare direttamente all’avancorsa. E invece no, l’avancorsa arriva dopo. Prima occorre capire con quanta forza reagisce il nostro giroscopio, poi penseremo a come bilanciare la sua forza nei confronti della nostra moto in modo da avere una risposta adeguata al nostro caso.
Ragioniamo sulla ruota, ovvero quella massa in rotazione responsabile della nostra sterzata. Massa-in-rotazione. La prima cosa che notiamo è che la ruota deve avere una massa: senza massa non si genera alcuna sterzata. Simmetricamente una ruota di massa elevata, a parità di rotazione, quando inclino non sente ragioni e vuole sterzare con grande forza. Adesso, visto che parliamo di “forza di sterzata”, sarà il caso di chiamarla “momento sterzante” prima che qualcuno – molto correttamente – mi seppellisca di insulti. Comunque, penso di essermi spiegato.
Abbiamo anche visto che il momento sterzante dipende dalla variazione di quota dei singoli punti della ruota: in realtà tutti i punti della ruota, eccetto il suo asse di rotazione geometrico che sta sempre alla stessa altezza, variano la propria quota durante la rotazione. A scopo esemplificativo però noi considereremo solo i punti periferici, la gomma e il cerchio, per due motivi: la massa della ruota è concentrata quasi tutta lì, e la variazione di quota dei punti periferici è molto elevata rispetto, chessò, ai punti che compongono i dischi o il mozzo. Di conseguenza il contributo al momento sterzante del mozzo sarà quasi zero mentre il contributo del cerchio sarà proporzionalmente elevato e fornirà quasi tutta la reazione dinamica rilevata.
Variazione di quota, abbiamo detto. Ma anche tempo necessario a variare la quota: se questa variazione di quota avviene in una settimana, difficilmente rileveremo qualche effetto giroscopico. La quota deve variare rapidamente. E qui abbiamo materiale per ragionare ancora.
Una ruota pesante avrà un momento maggiore, l’abbiamo capito. Ora variamo le dimensioni. A parità di peso una ruota più piccola avrà una variazione di quota inferiore, quindi mi aspetto una reazione inferiore e un momento sterzante più debole. La velocità laterale di caduta del suo punto più alto, per capirci, è più bassa che in una ruota alta, il cui punto più alto ha una maggiore distanza da terra. E a ben guardare, notiamo anche che questa minore velocità laterale acquisita dal punto alto ha anche una minore efficacia: quando il punto alto si sposta per effetto della rotazione della ruota nel punto più avanzato (all’altezza dell’asse ruota) noi possiamo vedere che la sua inerzia laterale agisce su una leva pari al raggio della ruota stessa. Forza inferiore su un braccio ridotto, ecco che la reazione giroscopica diventa parecchio inferiore. Il momento sterzante è molto più basso, la ruota sterza con meno convinzione.
Ma è anche vero che la mia ruotina piccolina, a parità di velocità della moto, girerà più veloce. Il tempo per coprire questo “quarto di giro” sarà inferiore. Qui consentitemi di passare sopra i calcoli necessari (a disposizione per chiunque voglia cimentarsi, è una minaccia) e di affermare che la maggiore velocità non compensa la riduzione del raggio della ruota – inteso come braccio di forza dell’inerzia laterale – né la minore variazione di quota totale rispetto a una ruota alta. L’effetto di reazione sarà quindi comunque inferiore, e il momento sterzante della ruota piccolina sarà più basso. Ci siamo?
Però c’è un però. Sennò che gusto ci sarebbe, dico io. La ruota piccolina ha una variazione “istantanea” di “quota del suo punto più alto” maggiore della ruota grande. Questo significa che, pur con un momento sterzante globalmente inferiore, la ruota piccolina che gira più forte reagisce alla caduta laterale in un tempo inferiore. E’ più reattiva. Tira fuori il suo pur debole effetto a velocità (della moto) più basse. Tutto questo naturalmente a parità di velocità di piega della nostra moto. Cosa significa questo? Che se noi sbattiamo velocemente la moto in piega, ovvero in un tempo inferiore, il nostro punto alto della ruota nello stesso tempo si sarà spostato meno e avrà perso meno quota. Detto in altre parole, quando sarà arrivato nella sua posizione più avanzata, dopo il solito quarto di giro, noi avremo già piegato di parecchi gradi e la velocità laterale di caduta sarà diventata più elevata. Esattamente come nel caso di una ruota troppo lenta. Di conseguenza noteremo un maggiore ritardo di reazione a fronte di una risposta successivamente più violenta.
Quale che sia il momento di sterzata che otteniamo, la domanda è come utilizzarlo. Mi spiego meglio: tutti sappiamo che in curva la moto si piega di molte decine di gradi. Ma lo sterzo va spostato solo di qualche grado, ed effettivamente nella nostra moto succede proprio questo. Eppure a cadere su un lato non è una semplice ruota col suo stesso peso ma un’intera motocicletta. Quando a cadere lateralmente è una semplice ruota libera, è il suo peso a generare la sterzata che la porterà a descrivere una traiettoria curva e a rialzarsi. Ma quando a cascare velocemente è un’intera moto che noi abbiamo squilibrato per entrare in curva, è come se noi forzassimo la ruota libera a cadere lateralmente più velocemente di quanto farebbe naturalmente: la reazione sarebbe una sterzata molto decisa che ci impedirebbe di piegare. Da qui la necessità di opporre qualcosa al momento di reazione della ruota anteriore. E qui iniziamo a capire le quote di sterzo.
L’asse di rotazione dello sterzo della motocicletta è più avanzato del punto di contatto della ruota sul terreno secondo una quota chiamata avancorsa. Cosa significa? Significa che, e lo possiamo vedere anche a moto ferma, se noi sterziamo la ruota afferrandola per il cerchio vediamo che durante la sterzata tutto l’avantreno della moto si sposta verso il lato della sterzata. In altre parole, la nostra ruota durante la sterzata dovrà “deviare” dalla traiettoria rettilinea tutte le masse anteriori della nostra motocicletta. Masse che naturalmente vorrebbero continuare dritte e che quindi si oppongono con la loro inerzia allo spostamento laterale che la sterzata vuole imporre.
Facile capire che una avancorsa lunga, ovvero un braccio lungo, eserciterà una forza laterale sulle masse anteriori più bassa di un’avancorsa corta. Ovvero, l’avancorsa “data la ruota” e quindi “dato il momento giroscopico di reazione” andrà calcolata sulla base delle masse anteriori che si oppongono alla sterzata. E la cosa non è per nulla facile, perché la reazione giroscopica della ruota, cioè quella che determina il momento di sterzata, ha tempi di reazione e valori diversi al variare della velocità. Supponiamo che io abbia stabilito che la mia ruota, date le masse anteriori e data la mia velocità, sia ben contrastata da una certa avancorsa, ok?
Poi io rallento: la mia reazione giroscopica arriverà in ritardo, consentendo alla mia moto di “cadere troppo” prima che lo sterzo reagisca con la sterzata e mi riporti il punto di contatto sotto il baricentro. Poi finalmente mi arriva la sterzata, ma con la ruota più lenta la sterzata diventa eccessiva, e le mie masse anteriori non risultano sufficienti ad opporsi con la loro inerzia allo spostamento laterale. In altre parole, scopro che a bassa velocità il momento giroscopico di reazione è eccessivo e mi ci vorrebbe una maggiore avancorsa affinchè le mie masse anteriori esercitino una resistenza adeguata. Non potendo variare nè l’avancorsa né la ruota, sarò costretto a puntare il manubrio interno e impedire a viva forza che il momento giroscopico prevalga sull’inerzia delle mie masse anteriori. Ci siamo fin qui?
Al contrario, ad alta velocità io avrò un altro problema: se io ho un’avancorsa lunga le mie masse anteriori si oppongono con troppa forza alla sterzata della ruota, non consentendomi di entrare in curva con la rapidità che io richiedo. Le masse anteriori dovrebbero venir deviate con maggiore velocità in quanto la forza con cui esse si oppongono allo spostamento è la stessa con la quale stiamo impedendo allo sterzo di ruotare. E se lo sterzo non ruota, noi troveremo la moto troppo dura da piegare in quanto le inerzie dei “pezzi di cerchio in rotazione”, non potendosi più scaricare sotto forma di sterzata (mantenendo quindi la loro velocità laterale di caduta, che è appunto il principio della reazione giroscopica) si opporranno “direttamente” alla variazione del loro piano di rotazione che noi con la nostra piega vorremmo imporre loro. Un po’ come se avessimo lo sterzo bloccato (o l’ammortizzatore di sterzo troppo chiuso). La mia moto finisce per essere troppo stabile e troppo dura nelle variazioni di traiettoria e mi tocca appendermi di peso se voglio che la ruota sterzi quanto serve.
Naturalmente noi potremo sempre utilizzare una ruota di diverso diametro, supponiamo più piccola, e compensare il suo minore momento di sterzata con un’avancorsa proporzionalmente più piccola. La reattività della moto sarà superiore ma la sua autostabilità decresce in proporzione. Estremizzando, se mandiamo a zero il momento di sterzata con una ruota ipoteticamente di peso nullo, anche con avancorsa nulla non avremo più alcuna tendenza della ruota anteriore a riportarsi sotto il baricentro durante gli squilibri.
Per questa ragione le ruote piccoline sono utilizzabili finchè il peso del mio mezzo è abbastanza basso da poterne correggere uno squilibrio con un mio piccolo spostamento in sella, mentre con un mezzo pesante la scelta è molto meno consigliabile in quanto tutto l’equilibrio resterebbe affidato unicamente alla mia prontezza nel guidare la ruota anteriore senza l’aiuto di una sufficiente reazione giroscopica.
Esigenze opposte alle diverse velocità, dicevamo. Ma sempre commisurate alle masse anteriori. Una moto leggera di avantreno non potrà avere una bassa avancorsa (a parità di ruota e condizioni, si capisce) perché le sue masse anteriori sono troppo basse e io dovrò dotarle di un braccio abbastanza lungo per permettere loro di opporsi al momento di sterzata della mia ruota. Il contrario con una moto staticamente carica di avantreno. Da qui possiamo capire tutta una serie di errori che qualche tecnico non abbastanza preparato commette su moto con centraggi diversi da quelli coi quali ha sempre lavorato. E questo, sia detto senza giri di parole, succede quando ci si basa sulla “consuetudine” e si agisce senza collegare il cervello. Vediamo.
Ho davanti una moto col centraggio avanzato, ok? Voglio rendere il suo ingresso in curva un po’ più rapido. Raddrizzo un po’ il mio asse di sterzo col duplice effetto di ridurre l’avancorsa, ovvero il braccio di leva con cui le masse anteriori si oppongono alla rotazione dello sterzo, e di prelevare dalla mia ruota anteriore una maggiore quota del momento di reazione (qui dovete fidarvi, ne parleremo più avanti). La moto, già piuttosto agile (il centraggio avanzato implica già in partenza una migliore percorrenza e una agilità superiore in quanto è più alto) guadagna in rapidità di risposta alle alte velocità e risulta più leggera da piegare in fretta. Il grip anteriore dato dal suo carico statico è sempre buono, la moto sopporta piuttosto bene l’aumento locale del carico trasversale richiesto dall’ingresso più rapido. Nella mia testa si forma il sillogismo “bassa avancorsa=più agilità”, senza apparenti controindicazioni.
Poi mi ritrovo con una moto dal centraggio arretrato. E quindi basso. La mia moto, a parità di curva, deve piegare di più di quella precedente. Le ragioni della maggiore piega sono diverse: dallo scostamento laterale dei punti di contatto al suolo alla traiettoria del mio baricentro meno raccordata e più esterna. Sta di fatto che nelle esse mi trovo malissimo: anziché passare da una piega di 40° a destra a 40° a sinistra io mi ritrovo a passare da 50° a destra a 50° a sinistra, con traiettorie molto meno favorevoli. Scendo dalla moto e dico al meccanico che la moto è un camion, mi serve più agilità per entrare in curva. Il meccanico raddrizza la forcella pensando di risolvere con la geometria di sterzo un problema che in realtà nasce altrove. Nel tentativo di darmi un mezzo con la stessa agilità di quello col centraggio avanzato mi ridurrà l’avancorsa oltre il necessario. Non mi risolverà nulla, visto che non è quello il problema. Ma mi crea un guaio mica da ridere: le mie masse anteriori non sono sufficienti per opporsi al momento di sterzata con un braccio di leva così ridotto. Io avvertirò lo sterzo più reattivo, ma perderò la sensibilità: non riesco più a “sentire” l’avantreno, è come se io montassi un servosterzo su un’auto già troppo leggera. E non mi accorgerò che le mie masse sono insufficienti a contrastare il momento di sterzata, né che il mio carico anteriore non è sufficiente a sopportare il maggior carico trasversale a cui sto costringendo la ruota anteriore che sterza più rapidamente. Sapete qual è il risultato? Che lo sterzo mi si chiude senza preavviso. E la moto si comporta diversamente da come il mio meccanico aveva creduto.
Badate, siamo solo all’inizio. No, non solo della forcella. Siamo all’inizio della sola avancorsa, che è solo una parte della funzione “sterzo”, che è solo una delle quattro funzioni della forcella. Regolatevi, ci sentiamo al prossimo articolo!
Se sull’argomento di questo articolo non vi è chiaro qualcosa, commentate pure e verrà risposto nel minor tempo possibile.
Porto l’esempio della mia Buell .. La Buell é famosa per l’avancora decisamente ridotto oltre che per il disco periferico .. Quindi il disco periferico diventa impercettibile come momento rialzante perché l’avancorsa é decisamente corto e il canotto é decisamente dritto ? Quindi frenando molto in curve strette il chiudere lo sterzo é dovuto al tentare di fermare l’effetto giroscopico del disco diminuendo l’effetto raddrizzante ????
Grazie
Che belli questi articoli. E siamo già a 89 like. 🙂
Non ho capito una cosa: perché “una avancorsa lunga, ovvero un braccio lungo, eserciterà una forza laterale sulle masse anteriori più bassa di un’avancorsa corta.”?
Se l’avancorpo è il braccio, qual è la forza applicata? La massa della moto?
Il momento sterzante fisicamente è una forza (di caduta, in rosso nella quarta immagine) moltiplicata per il braccio su cui è applicata (il raggio, in verde). Il risultato è una forza di torsione del’asse di sterzo. All’asse di sterzo in rotazione è collegato un braccio , rappresentato dall’avancorsa, in cima al quale noi riotteniamo una forza (momento diviso braccio = forza) che sarà minore quanto più questo braccio sarà lungo. Questa sarà la forza che tenterà di accelerare lateralmente le masse anteriori secondo la legge della dinamica Forza=massa per accelerazione.
Daniel – Un’avancorsa ridotta determina una grande forza disponibile per accelerare lateralmente le masse anteriori, e viene usata nel caso di centraggi piuttosto avanzati e conseguenti masse anteriori elevate. L’avancorsa però durante le frenate si riduce ulteriormente, e questo crea un comportamento particolare che qui non abbiamo ancora sviluppato. Non è così semplice perchè la frenata porta con sè altre influenze sul “giroscopio di comando della sterzata” costituito dalla ruota anteriore, quindi prima di arrivarci dovremo esaminare tante altre cose. Ma ci arriveremo.
Non c’è nulla di piu’ frustrante del voler imparare ma accorgersi di non aver nemmeno compreso il titolo (per colpa dei miei forti limiti, non per la chiarezza con cui riesci a spiegarli Federico).
Articoli messi nella lista:”cosa da studiare.. Almeno provaci!!!”
PS qualche tempo fa cercai info sull’avancorsa, tutto ho trovato tranne che una cosa simile. Al massimo ho trovato spiegazioni che riportavano esempi della ruota del carrello della spesa che tendono ad andare nel verso opposto della direzione.
Diamine, questi tuoi articoli sono ORO, purtroppo posso solo limitarmi a leggerli, ma Federico, complimenti vivissimi. Mai letto nulla di questo genere.
ASEB quanto mi costa un corso accelerato di fisica basilare? 😀
Caro JIGEN75 , quando mi raggiungi per andare ad Assen a fine Giugno, ti faccio un corso di tre giorni , birre gratis incluse !!!
“Simmetricamente una ruota di massa elevata, a parità di rotazione, quando inclino non sente ragioni e vuole sterzare con grande forza.”
scusami federico , siccome che , per mia ignoranza , l’argomento e’ tosto… seguo parola per parola …
a parita’ di rotazione intendi velocita’ di rotazione o angolo di rotazione?? ti faro’ ridere ma io mi pongo anche queste domande.. magari e’ la stessa cosa..ma dentro di me penso che conti la velocita’ 🙂
L’angolo di rotazione nel tempo equivale alla velocita’ di rotazione
In altre parole la rotazione di 360 gradi in un secondo equivale ad una velocita’ di rotazione di un giro al secondo ( 60 giri al minuto) , applicando la circonferenza si ha la distanza sviluppata in un secondo quindi la velocita’ istatntanea di quel secondo , se invece l’ angolo di rotazione ti varia nel tempo si parla di accelerazione nel caso angolare … quindi per una ruota la velocita’ angolare si esprime in gradi per secondo oppure in giri a minuto che si equivalgono.
Tanto per sorridere 60 giri al minuto per una ruota da 16 pollici sarebbero circa 1,8 metri allora 1,8 metri per 60 giri al minuti fanno 108 metri al minuto = 6,4 km/h
aseb ti ringrazio e riformulo la domanda 🙂
Simmetricamente una ruota di massa elevata, a parità di rotazione, quando inclino non sente ragioni e vuole sterzare con grande forza.”
a parita’ di rotazione intendi rotazione NEL TEMPO o angolo di rotazione??
Domande da ignorante:
1) la deformazione della gomma dovuta dalla velocità, viene considerata? Immagino di no dato che il punto cruciale è sulla spalla della gomma e non al centro, dove alle alte velocità la parte della cintura subisce una forza centrifuga tale che, se da ferma la ruota misura sulla circonferenza esterna X pollici, a 200km/h sarà qualcosa di piu’ immagino.
2) In tutto il discorso fatto da Federico, quanto conta l’impronta della gomma a terra?
Provo a scrivere il concetto in modo diverso: quando noi incliniamo una motocicletta, supponiamo nello spazio vuoto e perfino in assenza di gravità, noi stiamo imprimendo alla motocicletta una coppia che la obbliga a ruotare sul suo asse longitudinale. Ad opporre resistenza sarà l’intera massa della moto che si rifiuta di essere messa in rotazione. La ruota anteriore non fa eccezione finchè sta ferma, ma appena inizia a girare lei cerca si sottrarsi alla rotazione sull’asse longitudinale. Grazie al fatto che esiste uno snodo di collegamento secondo l’asse z i suoi punti hanno la possibilità di mantenere inalterata la propria inerzia laterale (cioè quella che sarebbe coinvolta durante l’inclinazione della motocicletta) tramite la sterzata verso il lato di caduta. E questo è esattamente ciò che succede quando la ruota anteriore ne ha la possibilità, ovvero quando le si consente di sterzare. La massa della ruota che gira non è interamente coinvolta nella famosa accelerazione angolare della moto sull’asse longitudinale, è un po’ come se la ruota non ci fosse: lei sterza e si sottrae per quanto possibile all’inclinazione. Questo determina un debole effetto dinamico di resistenza finchè la moto scende in piega e finchè nessuno le impedisce di sterzare. Appena noi blocchiamo la sterzata con l’applicazione di una forza equivalente sul manubrio interno, l’effetto dinamico raddrizzante della ruota anteriore cessa. Resta invece l’effetto raddrizzante, ancora più debole, della ruota anteriore che, nel percorrere la curva, varia il suo asse di rotazione secondo il raggio della curva, e tale effetto si somma alla forza di inerzia della massa della moto che noi siamo soliti chiamare centrifuga. Ora spero di non aver incasinato nessuno, eh…
perfetto federico : ma se io “bendo” metaforicamente il giroscopio … e ruoto l’asse longitudinale con la stessa velocita’ ; una volta a ruota libera , una volta con attaccata la moto….. questo reagisce sempre alla stessa maniera ??? perche’ le mie celluline grige mi direbbero di si… ma mica mi fido di loro!!!
il passaggio successivo l’ho capito!!! hai tirato fuori l’effetto giroscopico da imbardata …tie’!! 🙂 🙂
Steu , nel tempo
Sì, il giroscopio non sa se a provocare la rotazione sull’asse longitudinale è lo squilibrio di una moto oppure una forza che agisca con pari velocità. La sua sterzata è sempre la stessa. Poi quando c’è una moto attaccata, ci pensa l’avancorsa a limitare la sterzata che a ruota libera o con avancorsa zero noi otterremmo inclinandola con la stessa velocità. Naturalmente una ruota che rotola liberamente viene inclinata/forzata a cambiare inclinazione dal suo solo peso: quando a cadere è l’intera moto la forza inclinante è ben diversa e la ruota reagisce con più convinzione. Insomma, scappa più veloce.
Bravo Aseb, non mettiamo il carro davanti ai buoi 🙂
grazie aseb e federico 😉
scusate se approfitto , un ultima domanda solo perche’ penso che possa essere di interesse comune 🙂
e come marzullo : Si faccia una domanda e si dia una risposta…
l’avacorsa , limita la sterzata… e’ come se io mentre la ruota sterza per precessione , spingessi dalla parte opposta (controsterzassi) frenandone o bloccandone il movimento…. mi viene da pensare ad una nuova precessione che sta volta fa inclinare la ruota .. insomma l’insieme delle due azioni farebbe si che la ruota cadrebbe come se fosse ferma o nel caso di AV che limita come se avesse meno vigore ..
penso giusto??
buona PASQUA !
Bellissimo articolo, avrei una domanda:
Appurata l’importanza del passo e della distribuzione dei pesi, Siccome l’avancorsa dipende tra le altre cose dall’angolo di inclinazione dello sterzo e dall’offset delle piastre forcella, significa che posso ottenere lo stesso valore di avancorsa con combinazioni diverse di angolo e offset. Quindi, a parità di avancorsa, si percepiscono differenze legate a differenze di angolo e offset?
In pratica, prendiamo due moto, supponiamo identiche nel passo e nei pesi, entrambe con avancorsa di 100mm. Una con angolo più aperto e offset piastre maggiore, l’altra con angolo più chiuso e offset minore. ci sono differenze di guida tra le due?
Oppure, semplificando molto (forse troppo), è l’avancorsa la misura geometrica più importante delle tre?
Grazie e ancora complimenti
L’avancorsa è senza dubbio la più importante, ma come viene ottenuta (cioè il rapporto tra diametro cerchio-incidenza-offset) è avvertibilissimo nella guida. Bilanciare correttamente i vari parametri è la sfida di qualsiasi progettista o tecnico di box. Ne parleremo 😉